I biscotti dell’Arsenale di Venezia
Ecco la storia dei forni militari di San Biagio che rifornivano di pane marinai e vedove
«Il pane di ieri è buono anche domani»: un detto popolare veritiero, testimoniato da generazioni di marinai, soldati e viaggiatori. Per secoli, una miscela di acqua e farina cotta fino a diventare estremamente resistente alle muffe ha rappresentato un salvavita insostituibile in mare.
E questo i veneziani l’hanno imparato molto presto. Tanto da costruire un forno attiguo all’Arsenale, in modo da avere le imbarcazioni e il loro approvvigionamento anche di cibo nello stesso luogo. Ma per arrivare ai “biscotti dell’Arsenale” bisogna partire da molto lontano.
La leggenda
La leggenda vuole, infatti, che già Giasone, al comando degli Argonauti, abbia caricato sulla sua nave pagnotte cotte più del necessario. Una possibile distrazione che si rivelò provvidenziale: durante il viaggio alla ricerca del Vello d’Oro, quegli insoliti pani si dimostrarono perfetti per essere inzuppati nel vino e nutrire l’intero equipaggio durante il viaggio.
Da quel mito a oggi, il “pane eterno”, noto anche come “biscotto” o “galletta” ha accompagnato l’uomo nei viaggi più estremi.
Greci e romani erano già maestri nell’arte di rendere il pane un alimento a lunga scadenza. Gli eroi omerici trasportavano farina e gallette secche dentro “otri ben cuciti”, mentre i legionari romani si affidavano a varianti resistenti come il “panis nauticus” o il “panis militaris”.
Nel Medioevo
Nel Medioevo la tecnica si consolidò con il “panis biscoctus”, un pane letteralmente “cotto due volte” per ridurre l’umidità e garantirne la preservazione. Fu proprio in questo periodo che nacque l’arte dei “biscottieri”, panettieri specializzati nella produzione, figure paradigmatiche dell’ingegno umano nell’affrontare le sfide della conservazione alimentare.
Le città marinare italiane giocarono un ruolo cruciale nella storia del “pane eterno”. A Venezia, il pan biscotto è stato fin da subito una risorsa essenziale per il sostentamento delle flotte e delle milizie della Serenissima.
La ricerca
E a ricostruire la storia dei forni militari a San Biagio ci ha pensato la Soprintendenza con la ricerca “I forni militari a San Biagio con i depositi di biscotti” curata da Irina Baldescu e contenuta nelle “Cronache della Soprintendenza di Venezia” fresco di stampa dopo oltre un decennio che non veniva pubblicato.
Lo storico Giuseppe Tassini racconta che, nel Settecento, la città lagunare vantava un’industria fiorente con 62 capi maestri, 149 lavoranti e 22 apprendisti impegnati nella sua produzione. Il pan biscotto veneziano era talmente resistente che nel 1821, sull’isola di Candia (attuale Creta), ne fu rinvenuto un deposito perfettamente intatto di oltre 150 anni prima.
L’approvvigionamento delle flotte - come ricostruisce la ricerca di Baldescu - era strettamente legato alla produzione centralizzata nei forni militari di San Biagio situati lungo la Riva Ca’ di Dio, affacciata ad oriente sul Rio de l’Arsenale e ad occidente su Calle dei Forni.
Già nel XIII secolo, forse persino nel XII, si ipotizza la presenza di un embrionale sistema produttivo, sebbene le prime menzioni compaiano solo nel XIV secolo. Se ne ha testimonianza in un documento del 1326: «domos communis in quibus stat frumentum et biscotum [. ..] que sunt prope pontem S. Blasii».
I forni militari erano destinatari di circa un quinto del totale della quantità di farina che entrava annualmente in città, proporzione che sembrerebbe conservata più o meno costante tra il XVI e il XVIII secolo.
Il granaio di San Biagio
Il granaio di San Biagio, situato dirimpetto ai forni, giocava un ruolo chiave con il suo sistema integrato che permetteva un approvvigionamento rapido ed efficiente delle navi. L’aspetto attuale del complesso è il risultato di stratificazioni architettoniche che riflettono secoli di trasformazioni.
Già nel 1473, l’edificio subì una prima importante ristrutturazione ricordata dalle cronache dell’epoca: «furono fabbricati a San Martino sulla riva di Canal, trentadue forni nuovi per far biscotti e spesi ducati ottomila».
La crescita era direttamente proporzionale al numero di galee che la Repubblica doveva armare. Le vedute storiche offrono uno spaccato della situazione cinquecentesca: il fronte acqueo dell’edificio era scandito da una caratteristica sequenza di camini e l’accesso principale si trovava sulla riva, dove operai e materiali convergevano.
A metà del Cinquecento, una grande ristrutturazione voluta dai Provveditori alle Biave conferì alla struttura un aspetto più ordinato e simmetrico, impreziosito da epigrafi e stemmi.
Nonostante i danni subiti nel tempo, come il devastante incendio del 1821, il complesso dei forni rimane ancora oggi una testimonianza tangibile della centralità del pan biscotto nella vita della Serenissima, indispensabile non solo per i marinai, ma anche per i carcerati e le vedove dei naviganti, confermando la sua fama di «pan duro, pan sicuro».
La presentazione del libro a Palazzo Ducale
“I forni militari a San Biagio con i depositi di biscotto: una storia di logistica proto-industriale nei pressi dell’Arsenale di Venezia” e altre ricerche veneziane sono raccolte nel primo numero della serie “Cronache della Soprintendenza di Venezia”.
Il volume, curato dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna ed edito da Edizioni Ca’ Foscari, è dedicato alle ricerche e alle scoperte dei funzionari nel territorio.
Il comitato scientifico che ha curato il volume è formato da Fabrizio Magani (Soprintendente), che ha fortemente voluto riprendere la pubblicazione, Giulia Altissimo (storica dell’arte), Guido Beltramini (direttore Centro Internazionale di Studi Andrea Palladio), Sara Bini (archeologa), Bruno Callegher (Università Trieste), Anna Chiarelli (architetto), Silvia Degan (architetto), Gianmario Guidarelli (storico dell’architettura), Paola Marini (presidente Comitati privati internazionali per la salvaguardia), Irene Spada (storica dell’arte), Alessandra Turri (architetto), Devis Valenti (storico dell’arte).
Il volume verrà presentato al pubblico giovedì 19 dicembre nel Salone del Piovego di Palazzo Ducale alle 15.
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