Balena morta: autopsia in Veneto, nella sua pancia ritrovati 22 chili di plastica
È arrivata a Padova domenica mattina presto, la mamma capodoglio che in questi giorni ha riacceso l’interesse nazionale sul tema dell’inquinamento nei mari. L’animale era stato avvistato lo scorso 28 marzo sulla costa sarda, purtroppo già morto, e prontamente segnalato all’ufficio locale marittimo di Porto Cervo. Poi, nel fine settimana, è stato trasportato ad Arzachena, in Gallura, dove le prime analisi hanno fatto emergere il dato scioccante: nella pancia del povero capodoglio c’erano non solo un piccolo ormai pronto per nascere, ma anche 22 chilogrammi di plastica. Tra i vari reperti emersi: decine di buste per la spesa, piatti di plastica, lenze, teli ed una rete aggrovigliata.
Sabato notte il capodoglio è stato caricato sull’apposito mezzo autorizzato per il trasporto (una specie di enorme furgone) e nella mattinata di domenica è arrivato ad Agripolis, sede della Scuola di Veterinaria. «I tempi tecnici per studiare l’animale e le cause del decesso saranno piuttosto lunghi, diciamo un paio di mesi» spiega Sandro Mazzariol, professore di Anatomia patologica veterinaria all’università di Padova ed uno dei massimi esperti al mondo nella salvaguardia delle balene.
Basti pensare che, nel 2017, Mazzariol è stato eletto a capo dello Stranding Working Group, uno dei gruppi chiave per la Commissione baleniera internazionale, costola delle Nazioni Unite che si occupa della salvaguardia delle balene e del management dell’industria baleniera nel mondo. Attualmente il cetaceo è sotto i ferri della sua equipe, che nelle prossime settimane stabilità le cause della morte. «Al momento» spiega il professore «le analisi sono appena iniziate e non sappiamo ancora molto. Posso confermare che è una femmina e che era gravida, il feto era lungo circa due metri e mezzo e la gestazione volgeva al termine».
Questo dettaglio lo fa supporre anche la zona del ritrovamento, che rientra nel Pelagos: un’area che si estende tra l’Italia e la Francia, lambendo al suo interno la costa nord della Sardegna. Per i cetacei è una sorta di reparto maternità: «Lì» spiega infatti Mazzariol «vivono spesso gruppi di madri con i loro piccoli». «A suscitare scalpore» continua l'esperto «è stato il fatto della plastica, ma non deve stupirci più di tanto: a San Francisco, in California, ne abbiamo trovati che avevano fino a 80 chilogrammi di plastica nello stomaco. In Italia ne hanno spesso in misura minore, fino a 5 chilogrammi. Certo 22 chili inizia ad essere una quantità importante: al momento non possiamo dire che sia stata la causa della morte, ma un ruolo sicuramente l’ha avuto». Poi c’è la questione dello spiaggiamento del capodoglio. «Anche il ritrovamento di cetacei spiaggiati non è un evento così raro: l’ultimo caso risale a fine 2018, nella zona di Ischia», dice Mazzariol. La salma dello sfortunato capodoglio farà la “cavia” per un innovativo progetto, che l’università di Padova ha potuto realizzare con i fondi per i dipartimenti di eccellenza: si chiama “Ecce acqua” e grazie all’acquisto di sofisticate stampanti 3d permetterà di ricostruire l’anatomia di grandi animali acquatici. I modelli, poi, saranno usati per la docenza, l’educazione e la didattica.—
Silvia Quaranta
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