Antiabortisti negli ospedali: «Ora intervenga la Regione»

Un’interrogazione delle consigliere Ostanel, Baldin e Camani. Padova Bene Comune: decisione scandalosa dell’Usl 6

Costanza Francesconi
L’ingresso del Pronto soccorso dell’ospedale di Camposampiero
L’ingresso del Pronto soccorso dell’ospedale di Camposampiero

Con un’interrogazione rivolta all’assessora regionale veneta alla Sanità Manuela Lanzarin e un fuoco di fila di commenti da parte di associazioni cittadine, resta aperto il caso sulla presenza in strutture sanitarie pubbliche di associazioni antiabortiste pro vita.

Al netto della legge 194 del 1978, che descrive le procedure da seguire in caso di richiesta di interruzione di gravidanza, il dibattito su quanto e come la libera scelta delle donne venga garantita in materia di aborto è esploso in città e in regione.

A scatenarlo è stata la scelta dell’ Usl 6 Euganea di firmare un convenzione quadriennale con l’Associazione Movimento per la Vita – Centro Aiuto alla Vita.

Antiabortisti negli ospedali padovani con la convenzione dell’Usl: «Attacco alla 194»
I volantini del Movimento per la vita - Centro aiuto alla vita

L’ente del Terzo settore, così autorizzato a svolgere attività di volontariato nell’Ospedale di Camposampiero e nelle sedi distrettuali dell’Alta Padovana, si dichiara inoltre intenzionato a siglare un accordo ex novo con il nosocomio di Cittadella, espandendo la propria presenza con bacheche e materiale informativo su a cosa può offrire a donne incinte in difficoltà: rigorosamente nelle proprie sedi esterne, ascolto, latte, pannolini e sussidi economici.

La goccia che però ha fatto traboccare il vaso secondo le consigliere regionali di opposizione Elena Ostanel del movimento civico Il Veneto che vogliamo, Erika Baldin capogruppo del Movimento 5 Stelle e Vanessa Camani, guida in Regione del Pd.

Nell’interrogazione presentata all’assessora Lanzarin chiedono «quali azioni – la giunta regionale – intende mettere in atto per garantire la libera scelta senza condizionamenti delle donne per quanto concerne l’interruzione volontaria di gravidanza nella Usl 6 e in generale in tutto il territorio del Veneto». Dal momento ché l’intesa da poco sottoscritta in provincia di Padova (rinnovo di una precedente in scadenza) «prevede l’impegno dell’Usl, tramite proprio personale, di informare le donne gestanti o che hanno effettuato l’interruzione volontaria di gravidanza dell’attività dell’associazione, oltre alla possibilità per l’associazione di diffondere proprio materiale nelle sedi dell’Usl».

C’è poi un’altra questione collegata, ricordano le firmatarie: l’applicazione di un disegno di legge, promosso da Fratelli d’Italia e approvato dal Senato ad aprile scorso, che autorizza le associazioni contrarie all’aborto a entrare nella sanità pubblica per far ricredere chi quella strada ha deciso di intraprendere.

Interrogano anche su questo la giunta regionale, come già accaduto, per capire in che termini il Veneto voglia interpretare questo provvedimento.

Nel frattempo le reazioni sulla presenza di antiabortisti nelle strutture pubbliche montano anche in città. «È una sconfitta della civiltà sanitaria quando la sanità pubblica rinuncia al ruolo di essere garante della formazione e informazione su un tema così delicato e sensibile come quello della corretta applicazione della legge 194» si legge in una nota dell’associazione civica Padova Bene Comune, «Sono scelte che umiliano la dignità della donna in uno dei momenti più delicati della propria vita». E ancora: «Troviamo scandalosa questa decisione perché interviene sull’autodeterminazione della donna e su un argomento così delicato e drammatico come l’aborto».

Con più di tremila firme raccolte la scorsa primavera, Padova Donne, diretta da Alessandra Brotto, si è spesa in difesa dei consultori familiari scevri da interferenze di matrice pro-life.

«Viviamo in un paese laico, le donne hanno lottato tanto per ottenere la possibilità di richiedere l’interruzione volontaria di gravidanza: non possiamo fare dei passi indietro», dichiara Brotto.

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