Rinaldo sul futuro di Venezia e laguna: «La scienza deve sapere dire no»
Il Nobel per l’acqua spiega il nuovo incarico di presidente del comitato scientifico dell’autorità della laguna: «Non saremo la foglia di fico della politica»

«Abbiamo una missione importante. Dare risposte scientifiche alla politica, avendo il coraggio di dire “no”. Delineare il futuro di Venezia e della laguna, la salvaguardia e la manutenzione. Tenendo presente che fra sessant’anni il livello del mare aumenterà di un metro. E il Mose non basterà».
Andrea Rinaldo, 71 anni, scienziato noto all’estero e presidente dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti, ha vinto nel 2023 a Stoccolma il “Nobel dell’acqua”.
In questi giorni il presidente della nuova Autorità per la laguna, Roberto Rossetto, gli ha conferito l’incarico di presiedere il Comitato scientifico dell’istituzione. Un nuovo inizio, che potrebbe rappresentare una grande opportunità. Recuperando ritardi, errori e scandali degli ultimi decenni. Per ricondurre l’attività di salvaguardia nei suoi binari originali. La sede dell’Autorità, come quella del Comitato scientifico, è il palazzo dei Dieci Savi a Rialto. Storico luogo del Magistrato alle Acque, fiore all’occhiello della Serenissima Repubblica.
Professor Rinaldo, perché ha accettato l’ incarico?
«Ho detto sì a una condizione: che il comitato sia autorevole e indipendente. Insomma se dici “no” e quel no è scientificamente motivato, deve essere quasi un potere di veto».
In passato era più frequente dire sempre sì.
«Il mio parere è questo: noi siamo la scienza, dobbiamo dare le risposte alle domande che ci pone la politica. Non assecondare i desideri della politica. Insomma, non accetterò mai di fare la foglia di fico di decisioni già prese».
La prima grande questione da affrontare è quella dell’aumento del livello del mare. Dati forse sottovalutati nella fase progettuale del Mose.
«Il Mose era chiamato a rispondere per le acque alte eccezionali. E le dighe dovrebbero funzionare anche tra un secolo. Il mio parere è che non ci fossero alternative a quello».

Ma adesso l’emergenza è rappresentata dall’aumento delle acque medio alte.
«Certo. Gli ultimi studi di Ipcc, l’organismo internazionale che studia i cambiamenti climatici, parlano di un aumento che tra 60 anni potrebbe raggiungere il metro. Così il Mose sarà sollevato 262 volte in un anno, quasi ogni giorno. Non è possibile. Così la città marcisce, non esisterebbe più la laguna, né attività marittima al suo interno. E dato che la quantità di gas serra immessi nell’atmosfera purtroppo aumenta invece che diminuire, la somma di eustatismo e subsidenza potrebbe essere disastrosa».
Dunque che si fa?
«La verità è drammatica: la scienza oggi non sa cosa fare. E il tempo è poco. Ci abbiamo messo 70 anni per mettere in funzione il Mose, dobbiamo cambiare velocità. E pensare in grande».
Opere complementari come i rialzi delle rive e le insulae sono state tralasciate. E c’è la grande questione della portualità: il porto, come dice l’ingegnere Luigi D’Alpaos, non potrà vivere in una laguna chiusa tutti i giorni dal Mose.
«Il mio amico D’Alpaos ha ragione. Dobbiamo ripensare a Venezia e alla sua vita economica e sociale nel nuovo scenario che ci sarà tra cento anni. Occorre un modello di sviluppo diverso da questo. Dobbiamo lanciare nuove idee. E il momento di farlo è questo».

Il comitato scientifico avrà un ruolo importante.
«Certo! Ripeto, perché possa partire occorrono alcune precondizioni. La prima è che il livello delle persone sia adeguato. E che la qualità non sia autocertificata, ma dimostrata dalle attività svolte. La seconda che i nominati abbiano stima reciproca uno dell’altro e una certa come dire… affinità culturale. La terza che si sappia dire di no se questo è scientificamente motivato. Su di me garantisco. A queste condizioni sarò sono felice di farlo».
Quanto vengono pagati i consulenti scientifici?
«Beh, in passato non so. Io per l’Istituto veneto lavoro gratis. Se chiami gente di livello anche dall’estero devi garantire un compenso adeguato. La legge parlava di prestazioni gratuite, ma non è possibile».
Torniamo al Mose. L’Autorità ne avrà la gestione, e la spesa sarà di circa cento milioni l’anno. Ma la manutenzione è in grave ritardo.
«Il Mose ha una funzione importante di protezione dalle maree eccezionali, per questo era stato progettato. Ma per farlo deve essere manteuto in condizioni ottimali, altrimenti tra 60 anni non funzionerà…».
Fino ad oggi su 78 paratoie soltanto 3 sono state smontate, revisionate e ripulite. Il commissario aveva garantito che usando un po’ di grasso la corrosione delle cerniere sarebbe stata evitata.
«Anche qui credo che sia necessaria una svolta. Comincia una nuova stagione. E dovremo capire quanto costa tenere il sistema in efficienza, sapendo che questo porta anche dei vantaggi concreti, economici. È un’opera importante e come dicono gli inglesi, ci fa prendere tempo. Ci permette cioè di studiare altre soluzioni a lungo termine per salvare Venezia».
Per esempio?
«Beh , io vorrei che l’Autorità non si limitasse all’ordinaria amministrazione. Mi piacerebbe lanciare un concorso di idee con le Università, la Biennale, gli istituti stranieri, per immaginare una Venezia viva e vitale e al riparo dalle acque alte tra cento anni. Una nuova economia basata su studio e ricerca e meno sul turismo, nuovi accessi alla città. Ci proviamo». —
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