A caccia anche di notte deroga per più di 21 mila

L’assessore Pan rivela il numero delle autorizzazioni concesse dalla giunta Zanoni (Pd): «È un far west, così si mette in pericolo l’incolumità dei cittadini»  
caccia giornata apertura stagione venatoria..foto di yuri colleoni
caccia giornata apertura stagione venatoria..foto di yuri colleoni
VENEZIA. Quando a sera cala il buio e la gente torna a casa, in tutto il Veneto ci sono più di 21 mila uomini che possono imbracciare un fucile e uscire a sparare. È un esercito disunito, diffuso e disomogeneo. Ogni “soldato” ha un buon motivo - e un regolare permesso - per violare i limiti di orario della caccia: c’è chi ha la missione di sterminare le nutrie, chi deve far sparire i cinghiali, chi deve eliminare le volpi. Solo che a volte gli animali non si trovano e si finisce per sparare ai cartelli stradali.


Quest’estate è successo spesso. Segnali stradali bucherellati sono stati trovati a Lozzo Atestino e a Noventa Vicentina. L’Enpa ha segnalato i casi alla Procura. E in Regione, il consigliere del Pd Andrea Zanoni ha presentato un’interrogazione all’assessore Giuseppe Pan per sapere quanti sono i soggetti autorizzati a circolare armati anche di notte e nelle aree vietate alla caccia. «C’è un uso distorto, pericoloso e irresponsabile delle armi da caccia», ipotizzava Zanoni. «I cartelli crivellati dai proiettili dimostrano che qualcuno mette a rischio l’incolumità dei cittadini». La risposta di Pan è arrivata adesso e ha sorpreso per primo Zanoni. «Avrei detto che si trattava di qualche centinaio di cacciatori autorizzati», confessa il consigliere del Pd, «invece siamo in pieno far west, con oltre 21 mila persone che possono girare con il fucile». Sono 8.148 solo in provincia di Vicenza (3.495 per il cinghiale, 2.863 per la volpe, 1.790 per le nutrie). E poi 5.625 in provincia di Verona, 3.806 in provincia di Treviso, 2.080 in provincia di Belluno, 843 in provincia di Rovigo, 604 in provincia di Padova (403 per la nutria, appena 77 per il cinghiale) e 291 in provincia di Venezia. «Sono quei cacciatori che la giunta ha deciso di accontentare, concedendogli di sparare non solo nella stagione venatoria. Ma senza che ci sia dietro una politica seria di gestione del fenomeno», accusa Zanoni. L’esempio è quello della caccia alla volpe. «Sarebbe l’unico predatore in grado di limitare la proliferazione delle nutrie, invece lo uccidiamo. E poi spendiamo 350 mila euro - 250 nel 2016 e 100 nel 2017 - per abbattere le nutrie. Soldi pubblici buttati via». Ma più di tutto preoccupa la sicurezza. «Di caccia si muore», ricorda Zanoni, «in particolare per le battute al cinghiale, nelle quali si utilizzano potenti fucili a canna rigata e a munizione intera che possono uccidere una persona. Questa possibilità tragica aumenta se si consente a migliaia di persone di sparare con il buio». I numeri sono lì a dimostrarlo: da settembre al 29 novembre, ci sono già state 62 vittime di caccia: 21 morti (7 dei quali non cacciatori) e 41 feriti.


Cristiano Cadoni


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