La Consulta boccia il terzo mandato, il no alla Campania blocca Zaia
La Corte Costituzionale stoppa le ambizioni del governatore De Luca. Un indirizzo valido per tutte le Regioni ordinarie. Il presidente veneto: «Sistema ipocrita». l centrosinistra esulta: «Fine del teatrino»

Terzo mandato per i presidenti di Regione, capitolo chiuso.
«È incostituzionale», sentenzia la Consulta, esprimendosi sul caso De Luca in Campania. La pronuncia riguarda tutte le regioni a statuto ordinario e quindi è la parola fine anche per l’amministrazione di Luca Zaia in Veneto. «Il Paese vive nell’ipocrisia», è il suo commento a caldo.
A questo punto resta un unico interrogativo: la data delle prossime elezioni, perché come è noto ci sarebbe la volontà di spostarle a primavera 2026.
La Consulta ha dichiarato incostituzionale la legge regionale che avrebbe consentito a De Luca di tentare per la terza volta la corsa alla presidenza della Regione. Contro la norma aveva fatto ricorso il governo, a favore del vincolo dei due mandati consecutivi.
Per la Corte Costituzionale la legge campana viola “l’articolo 122, primo comma, della Costituzione, che attribuisce al legislatore regionale il compito di disciplinare le ipotesi di ineleggibilità del presidente della Giunta regionale, nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica”.
«È stata accolta una tesi strampalata, progettata in udienza, che ha fatto inorridire autorevoli costituzionalisti. Si dovrà cancellare in tutte le sedi giudiziarie del Paese la scritta: la legge è uguale per tutti», commenta furioso il governatore campano.
Ma dopo due ore di udienza e quattro di camera di consiglio, sono state abbattute le sue barricate che tenevano una porta aperta anche a Zaia. Il Pd nazionale, con la segretaria Schlein, aveva più volte ribadito di voler staccare la spina all’attuale governatore della Campania.
Il centrodestra, invece, attendeva con interesse questa sentenza per l’effetto domino in casa Lega e nel resto della coalizione. Zaia è già oggi al suo terzo “giro”, grazie ad una legge che recepiva la norma statale solo dopo il primo dei suoi mandati. Ma se la Corte costituzionale avesse dato il via libera al De Luca-ter, per il “doge” si sarebbe aperta la possibilità di presentarsi alle elezioni per la quarta volta consecutiva e con il consenso che ha ce l’avrebbe certamente fatta, totalizzando così 20 anni di amministrazione.
«Il principio di democraticità richiede anche la tutela del fisiologico ricambio della leadership politica al governo delle Regioni e il limite del terzo mandato pone un freno al prolungarsi dell’esercizio di potere da parte della stessa persona, ha rilevato l’avvocato dello Stato Eugenio De Bonis nel corso dell’udienza.
Il tema centrale è la prevalenza della normativa nazionale su quella regionale, e se ci sia o meno bisogno del recepimento della legge 165 da parte delle Regioni, o se il limite al terzo mandato sia già operativo a partire dalla norma varata più di 20 anni fa dal governo Berlusconi.
Invece i legali della Regione Campania hanno battuto su un punto preciso: «La previsione sul divieto del terzo mandato era concepita in vari Ddl costituzionali ma nel testo unificato fu espunta, perché ritenuta attinente alla forma di governo regionale. Quindi si giudicò opportuno di non limitare troppo la potestà statutaria delle Regioni».
Inoltre i legali di De Luca hanno osservato che lo Statuto regionale siciliano è l’unica norma di livello costituzionale esistente nel nostro ordinamento che indichi il limite dei due mandati. «Si tratta dunque di un punto di riferimento che non può essere dimenticato, perché esplicita che il tema dei paletti al mandato non attiene la materia elettorale ma quello della forma di governo regionale, terreno sul quale va lasciata mano libera alle Regioni», hanno concluso.
Contro il limite dei mandati per i governatori di regione si è scagliato più volte anche Massimiliano Fedriga, presidente del Friuli Venezia Giulia. Al contrario di Zaia, però, questa sentenza della Consulta è per lui positiva, visto che si parla solo di Regioni a statuto ordinario. Dunque Fedriga, terminato il suo secondo mandato, potrà anche ripresentarsi alle elezioni.
Cosa che peraltro potrà fare anche un altro leghista, il presidente della Provincia autonoma di Trento Maurizio Fugatti. Con 19 voti a 16 quel consiglio provinciale, l’altra sera, ha approvato il terzo mandato. La sincronia con la pronuncia della Corte costituzionale che nega questa possibilità in tutto il resto d’Italia sembra quasi una beffa.
Zaia: «Vince l’ipocrisia»
«Siamo di fronte a un Paese che, in alcune delle proprie norme, vive nell’ipocrisia», è l’amara constatazione del presidente del Veneto Luca Zaia, poco dopo aver letto il comunicato della Corte costituzionale.
«Senza entrare nel merito dei tecnicismi della legge campana, la Corte chiarisce che chi ha già ricoperto due mandati consecutivi non può candidarsi per un terzo. Si tratta, appunto, di un rilievo tecnico», continua Zaia. «C’è però un ulteriore elemento da approfondire. La Corte afferma nella nota che questo principio si applica a tutte le Regioni che si sono dotate di una legge elettorale. A questo punto, la domanda che sorge è: cosa accade nelle Regioni che non l’hanno adottata?».
Un altro passaggio rilevante, secondo il governatore del Veneto, è il richiamo della stessa Corte alla distinzione tra Regioni ordinarie e a statuto speciale. «Queste ultime, come viene sottolineato, non sono vincolate al limite dei mandati. È emblematico che proprio oggi la Provincia autonoma di Trento abbia giustamente approvato una norma che consente il terzo mandato. Questo apre una riflessione più ampia, di natura politica: siamo di fronte a un sistema che presenta evidenti contraddizioni e disparità», puntualizza il “doge”.
«Il blocco dei mandati, infatti, vale solo per alcune Regioni e solo per alcuni sindaci. Tutte le altre cariche istituzionali nel nostro Paese non sono soggette ad alcun limite di mandato, e vige la totale libertà. Trovo quindi fuori luogo che oggi, nella propria difesa, si sia nuovamente sentito dire – questa volta dall’Avvocatura dello Stato – che “il vincolo dei mandati è necessario per porre fine a posizioni di potere”. Mi chiedo se questa affermazione rifletta davvero la realtà, considerando che quasi tutte le altre figure pubbliche possono ricandidarsi liberamente, e che il limite sia posto alle poche cariche legate a un voto diretto, su una fiducia molto chiara da parte degli elettori».
Zaia non può fare altro che prendere atto della sentenza, promettendo comunque di approfondire le motivazioni nei prossimi giorni. «Tuttavia, è evidente che dietro certe posizioni, e dietro la normativa in vigore, si celano motivazioni politiche. Appare come l’unico strumento per impedire ad alcuni candidati di ripresentarsi», attacca. «Il tema del potere non ha nulla a che vedere con il limite dei mandati. Utilizzarlo come giustificazione è strumentale e, francamente, inaccettabile. La verità è che siamo davanti a un sistema ipocrita che caratterizza questo Paese».
La politica veneta si infiamma. «Dispiace che i cittadini non siano appieno liberi di scegliere», commenta il segretario regionale della Lega, Alberto Stefani.
«Ai veneti e agli italiani interessa di più lo stop ai dazi», taglia corto Luca De Carlo, senatore e segretario regionale di FdI.
«Tutto era ampiamente previsto. Nulla di nuovo. Adesso sarà il tavolo nazionale del centrodestra a stabilire chi sarà il candidato», sottolinea invece Flavio Tosi, eurodeputato e segretario veneto di Forza Italia.
Esulta il centrosinistra. «La Corte mette la parola fine a un teatrino durato mesi e divenuto ormai stucchevole», dice Andrea Martella, senatore del Pd e responsabile veneto del partito. «Come abbiamo detto da tempo, la lunga era di Zaia è finita». Elena Ostanel: «Si metta fine alle chiacchiere e si apra la fase elettorale, chiarendo, prima di tutto la data delle elezioni».
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