Strage di Mestre, concessi altri 6 mesi di indagini

Il giudice Scaramuzza ha accolto al richiesta della Procura: «La complessità della vicenda necessita di maggiori approfondimenti»

Roberta de Rossi

Concessa una proroga di sei mesi alle indagini sulla tragedia del bus de La Linea carico di turisti, precipitato il 3 ottobre del 2023 dal cavalcavia di Mestre, passando attraverso un varco nel guardrail: 22 le vittime.

Sin qui, le indagini tecniche commissionate dalla Procura hanno permesso di individuare nella rottura di un perno dello sterzo, la causa dello sbandamento dell’autobus.

Si tratta di un pezzo costruito in Germania, ma assemblato negli stabilimenti del colosso cinese Yutong, costruttrice dei bus.

Venezia è maglia nera per vittime della strada: pesa la strage del bus
I vigili del fuoco durante le operazioni di soccorso al bus precipitato dal Cavalcavia Superiore di Mestre

C’è poi da chiarire se vi sia stata responsabilità del Comune (o di altre parti non ancora individuate) per quel varco nel guardrail previsto negli anni Sessanta e sanato in queste settimane, con lavori in programma da tempo, avviati proprio alla vigilia del disastro: dopo aver sbandato improvvisamente, l’autobus aveva strisciato lungo il guardrail, che pur vecchio aveva tenuto, rallentando la velocità del mezzo da 50 a meno di 6 chilometri l’ora. Fino a quando il muso dell’autobus aveva trovato quel “varco di servizio” e vi si era infilato dentro, volando da nove metri d’altezza.

Nulla aveva potuto fare  l’autista Alberto Rizzotto.

Un anno dopo la strage di Mestre: il cavalcavia sarà presto in sicurezza
Il Cavalcavia Superiore

 «La complessità della vicenda necessita di maggiori approfondimenti», scrive il giudice per le indagini preliminari  Alberto Scaramuzza, nell’autorizzare la proroga fino al maggio 2025.

Per valutare anche eventuali nuovi indagati: al momento sono sotto indagine tre dirigenti e funzionari dei Lavori pubblici del Comune (Simone Agrondi, Alberto Cesaro e Roberto Di Bussolo) e l’amministratore de La Linea, Massimo Fiorese. Un atto dovuto per permettere tutti i complessi accertamenti tecnici e dare modo alle difese di parteciparvi.

Ora ad indagare sono in due: alla pubblico ministero Laura Cameli si è unito il collega Giorgio Gava. 

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia