Pizzul tra calcio e famiglia: la sua telecronaca di Italia-Nigeria in sala parto, mentre nasceva il nipote
Il ricordo del figlio Fabio: «In casa era un uomo di poche parole e di molti fatti». Nel 1994, durante i Mondiali in Usa, venne al mondo il piccolo Dario: «Eravamo in ospedale, nella stanza a fianco si sentiva in sottofondo la voce di mio padre, futuro nonno»

Quello di Bruno Pizzul è stato un mondo variopinto, fatto di tante piccole belle cose, all’apparenza banali e invece proprio per questo fondamentali nella vita di un uomo. Il lavoro, gli amici, certo, ma tutto ha ruotato attorno alla famiglia, in primis alla signora Maria e ai tre figli Fabio, Silvia e Anna.
È stato un marito e un papà speciale, forse non molto presente per motivi lavorativi e a differenza di quello che succedeva nel suo mestiere «di poche parole» come racconta il figlio Fabio. Da buon friulano, meglio l’esempio.
In affitto per 40 anni
Il suo lavoro di giornalista lo ha portato a girare il mondo, ma le radici erano rimaste in Friuli. Il centro del suo universo per quasi quarant’anni è stato Milano dove si trasferì dopo aver vinto il concorso in Rai.

Prima, da neo laureato, aveva insegnato alle scuole medie di Gorizia. «Abbiamo vissuto per quarant’anni in affitto a Milano – racconta il figlio Fabio –, quindi era abbastanza evidente l’intenzione dei miei genitori di ritornare un giorno in Friuli».
Così è stato. Non senza magari qualche preoccupazione da parte dei figli. «Logisticamente per noi Cormons era un po’ fuori mano, ma era nella logica delle cose per loro tornare a casa. E comunque anche per i nipoti è sempre stato un appuntamento immancabile quello di ritrovarsi almeno un paio di volte l’anno a Cormons per stare con i nonni».
La signora Maria gli è stata a fianco fino all’ultimo. Venerdì scorso, quando avevamo chiamato Bruno per chiedergli se avrebbe scritto il pezzo di presentazione di Udinese-Parma, aveva risposto lei al telefono: «Bruno è in ospedale da un paio di giorni».

Il timore che non fosse qualcosa di banale c’era. I pezzi di Pizzul avevano sempre mantenuto una verve speciale, però a volte al telefono la voce era stanca. Ma fino all’ultimo ha voluto esserci con la sua “Area di rigore”.
Letture in sala stampa
Lui e signora hanno fatto coppia fissa, sempre e comunque anche perché Bruno, non avendo la patente, si faceva scorazzare dalla sua dolce metà un po’ ovunque: alla presentazione di un libro in estate sulle spiagge friulane, oppure allo stadio Friuli per una partita dell’Udinese.
Negli anni in cui Bruno partecipava a “Quelli che il calcio...” incuriosiva tutti quell’imperturbabile signora seduta su un divano della sala stampa che trovavi intenta a leggere un libro prima della partita e che ritrovavi nel post gara allo stesso posto sempre con quel libro in mano. «A lei del football non interessa niente», diceva divertito Bruno.
Telecronaca in sala parto
Le sue telecronache, però, specialmente quelle della Nazionale, facevano effetto anche in famiglia. La preferita rimane quella di Nigeria-Italia a Usa ’94 vinta ai supplementari grazie alla doppietta di Roberto Baggio. «Noi eravamo in ospedale perché stava per nascere il suo primo nipote Dario – racconta il figlio Fabio –, eravamo in sala travaglio e nella stanza a fianco si sentiva in sottofondo la telecronaca del futuro nonno. Ci guardavamo e ci chiedevamo: “ma qualcuno prima o poi ci presterà qualche attenzione?”.
Per tutti quello rimane il Mondiale di Baggio, ma per mio padre è stato il Mondiale di Dario».
Il ricordo più doloroso è la serata dell’Heysel il 29 maggio 1985 quando morirono 39 tifosi della Juventus prima della finale di Coppa dei Campioni con il Liverpool. «Faceva fatica a parlarne – racconta Fabio –, era un ricordo molto doloroso per lui, lo ha segnato sia come uomo che come professionista».
Eppure diede una lezione di giornalismo perché pur senza destare allarmismi riusci da buon cronista a dare notizia dell’orrore che era sotto i suoi occhi: «Sì – conferma Fabio –, gestì bene la situazione, ma ne avrebbe fatto volentieri a meno».
Come tutti i grandi la sua qualità migliore è stata l’umiltà. Facile catturare la stima e la simpatia dei suoi coetanei e di chi lo aveva conosciuto attraverso il piccolo schermo, molto meno creare empatia con i ventenni di oggi che non lo hanno mai visto al lavoro. «Per strada lo fermavano in tanti – dice per esperienza diretta Fabio –, parlava volentieri con tutti ma la cosa si chiudeva lì».
L’ultimo saluto
Chi scrive lo conobbe di persona, dopo vari contatti telefonici per motivi di lavoro, in una trasferta a Lecce fuori dall’albergo in attesa del taxi. Bruno si comportò come se avesse di fronte un amico di vecchia data con il quale confrontarsi sulla partita del giorno prima. E di confronti per telefono ce ne sono stati tanti in questi anni. È stato un onore e un privilegio averlo come compagno di viaggio, di confronto e consigliere.
Le brevi ma efficaci telefonate ci mancheranno e mancherà anche agli amici e a tutti coloro che vorranno salutarlo.
Il funerale si terrà Venerdì 7 marzo, alle 14.30, nel duomo di Cormons, la camera ardente sempre in duomo sarà aperta dalle 10. A salutarlo ci sarà tutto il suo mondo variopinto. Come avrebbe detto lui: tutto molto bello.
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