Detenuto in Venezuela, le lacrime della mamma: «Silenzio che ci sconvolge»

I genitori di Alberto Trentini abitano al Lido di Venezia: «Settimane di grande sofferenza, chiediamo aiuto»

Isabel Barbiero
Alberto Trentini, cooperante veneziano detenuto da due mesi in Venezuela
Alberto Trentini, cooperante veneziano detenuto da due mesi in Venezuela

«Sono due mesi di grande sofferenza». Con queste parole, la mamma di Alberto Trentini, in lacrime, si è affacciata alla terrazza della loro casa in via Anafesto Paoluccio 2, a pochi passi dalla chiesa di Sant’Antonio al Lido.

Da circa sessanta giorni, la mamma e il papà - ex dipendente Enel, ora in pensione - di Alberto vivono nel tormento più profondo da quando il figlio è stato arrestato in Venezuela senza che si abbiano più notizie di lui.

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Alberto Trentini

«Abbiamo messo tutto nelle mani del nostro avvocato e stiamo cercando di coinvolgere chiunque, a livello istituzionale, possa intervenire. Ma non abbiamo più notizie di lui e la sofferenza è talmente grande che non riusciamo nemmeno a parlarne. Siamo troppo sconvolti, mi scuso davvero». Fa veloce un cenno, si asciuga gli occhi e rientra in casa, dove il silenzio e il dolore la circondano.

Paura, ma soprattutto un silenzio che aumenta ogni giorno.

Alberto Trentini, quarantacinque anni, celibe, senza figli, è un cooperante che ha dedicato la sua vita ad aiutare i più vulnerabili, lavorando instancabilmente con l’organizzazione umanitaria Humanity & Inclusion (HI).

Questa Ong, che si pone al fianco delle persone con disabilità e di chi vive in condizioni di povertà, esclusione e conflitto, è il palcoscenico del suo impegno: la sua missione lo ha portato in luoghi lontani e complessi, come il Sud America, l’Etiopia, il Nepal e il Libano, dove ha lavorato con importanti organizzazioni umanitarie come la Danish Refugee Council, Solidarités International, Première Urgence Internationale, Coopi e Cefa - Il seme della solidarietà.

La famiglia Trentini ha chiesto, fin dal primo giorno, di poter comunicare con Alberto, di essere rassicurata sul suo stato di salute - Alberto soffre di ipertensione, come riferito dall’avvocato - e sulla tutela dei suoi diritti fondamentali.

E che possa fare rientro in Italia il prima possibile: «Questa assenza di informazioni non fa che accrescere le nostre preoccupazioni» dichiara la famiglia.

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