L’erotismo sbarca al Lido di Venezia per la Mostra del Cinema

Nel catalogo hot del Lido la torbida relazione della Kidman, il porno all’italiana e la sensualità dark di Lady Gaga. Ma lo scandalo qui è sempre stato il sale
Marco Contino
Pietro Castellitto è Riccardo Schicchi in “Diva Futura
Pietro Castellitto è Riccardo Schicchi in “Diva Futura

La Mostra del Cinema di Venezia si è sempre confrontata con il comune senso del pudore. Espressione che si usava un tempo e che oggi è obsoleta e superata ampiamente dalla realtà: basterebbe occhieggiare le mises in passerella di alcune influencer degli ultimi anni.

Ma sullo schermo, da un po’, la rappresentazione della sessualità, l’erotismo e i corpi sono rimasti quasi in secondo piano, sopraffatti dalle macerie di una società colpita duro dalla pandemia e dalla guerra.

Per questo, durante la presentazione del programma di Venezia 81, il direttore della Mostra Alberto Barbera ha più volte salutato come un segnale di apertura il ritorno dell’eros e, in generale, della tematica sessuale declinata in tutte le sue forme in molti film selezionati in Concorso e Fuori Concorso.

Ritorno alle origini

Il più clamoroso, scava, addirittura, alle origini della pornografia in Italia: Giulia Louise Steigerwait racconta la storia di Riccardo Schicchi (Pietro Castellitto), il manager di “Diva Futura” (la società da lui fondata, da cui il titolo del film) che lanciò Ilona Staller (in arte Cicciolina), Moana Pozzi ed Eva Henger, consolidando un concetto di erotismo basato sulla mercificazione del corpo.

Un inedito punto di vista femminile sulla pornografia, dopo “Supersex”, la serie Netflix su Rocco Siffredi, ideata, scritta e co-diretta ancora da donne (Francesca Manieri e Francesca Mazzoleni).

Nicole Kidman, protagonista di “Babygirl” di Halina Reijn
Nicole Kidman, protagonista di “Babygirl” di Halina Reijn

Ma non è tutto. In Concorso è previsto il ritorno di Nicole Kidman, protagonista di “Babygirl” di Halina Reijn, in cui l’attrice si ritrova coinvolta in una torbida relazione extraconiugale con il suo giovane stagista. La mente corre al 1999, quando a Venezia fu presentato il film, postumo, di Stanley Kubrick (Eyes Wide Shut): più che le sequenze orgiastiche, fu proprio la Kidman a lasciare il segno, con quel nudo di schiena, la canottiera trasparente e il suo imperativo finale al marito (Tom Cruise, compagno anche nella vita): “Let’s fuck!”.

Trilogia norvegese

E poi ancora, al Lido arriva il norvegese “Love” con il quale Dag Johan Haugerud chiude la trilogia sui comportamenti sessuali (cominciata con il primo capitolo che, non a caso, si intitolava “Sex”), con una attenzione particolare alla sensibilità omoerotica.

Dalla Norvegia arriva “Love” di Dag Johan Haugerud
Dalla Norvegia arriva “Love” di Dag Johan Haugerud

E c’è da scommettere che anche Luca Guadagnino, portando sullo schermo il suo “livre de chevet” (Queer di William Burroughs), asseconderà il proprio immaginario con la storia dell’americano gay ed eroinomane interpretato da un inedito Daniel Craig (fu 007).

Sensualità dark anche in “Joker: Folie à Deux” con l’incontro tra Lady Gaga e Joaquin Phoenix (che pochi giorni fa, secondo Variety, avrebbe abbandonato il set del nuovo film di Todd Haynes per via delle scene troppo spinte di una storia d’amore gay).

Alta carica erotica anche per la serie, presentata Fuori Concorso, di Alfonso Cuarón (Disclaimer) con Cate Blanchett che scopre di essere la protagonista di un romanzo che mette a nudo i suoi segreti più oscuri: sette episodi («ma attenzione al quarto», ha avvisato Barbera).

Il primo nudo integrale 

In fondo, come scrive Gian Piero Brunetta, “lo scandalo è il sale” della Mostra che, in tanti anni, non è mai stata davvero insipida, se è vero che già nel 1933 ospitò il primo nudo femminile integrale di Hedy Lamarr (Estasi, il classico restaurato di recente e riproposto in pre-apertura nel 2019), divenuto leggendario. Ma senza risalire agli albori, il sesso (con scandalo) in Mostra c’è sempre stato: “Teorema” di Pasolini fu sequestrato per oscenità; Carmelo Bene uscì scortato dalla Sala Grande dopo la sua “Salomè”.

Cose mai (già) viste

Con il tempo, il furore perbenista si è sopito ma le discussioni sono rimaste, alimentate soprattutto da autori che non hanno mai avuto paura di mostrare anche le deviazioni del sesso.

Nella memoria rimangono i film del compianto Kim Ki-duk (gli ami infilzati nella carni più intime di “Seom”, o l’evirazione di “Moebius” o il rapporto incestuoso di “Pietà” che fu Leone d’oro), quelli dell’austriaco Ulrich Seidl (con l’ultracattolica protagonista di “Faith” che usa un crocifisso come strumento di piacere o con le cantine sadomaso di “In the Basement”) o ancora quelli di Larry Clark in cui sesso e violenza sono il fulcro dell’azione (da “Bully” a “Ken Park” fino al più recente “The Smell of Us”) e la versione uncut di “Nymphomaniac” di Lars Von Trier. Scandali veri o solo costruiti come quelli degli anni ’90 (spesso oggetto di scherno più che autenticamente lesivi di un pudore sempre più allenato): la mortadella e le anguille di Valeria Marini (Bambola), “Guardami”, il film ispirato a Moana Pozzi, senza dimenticare i gioiosi cabotaggi della barca di Tinto Brass, letteralmente spinta dal “vento in poppa” con le sue attrici seminude a bordo.

E, ancora, i nudi frontali di Stefano Accorsi (Ovunque sei), di Elio Germano (Nessuna qualità agli eroi) e di Michael Fassbender (ossessionato dalla pornografia in “Shame” che gli varrà una Coppa Volpi).

Il sesso (d’autore o dozzinale, giustificato o gratuito) c’è sempre stato. Anzi, negli ultimi anni, si è rivelato la più potente ed efficace arma di emancipazione femminile: Ema, la protagonista dell’omonimo film di Pablo Larraín nel 2019 e la “creatura” Bella Baxter (interpretata da Emma Stone) in “Povere creature!” (ultimo Leone d’oro) sono ancora lì a testimoniarlo. —

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