Spregevole furto: rubata la cornice di Giulia Cecchettin, via anche i fiori
A Padova violata la memoria della studentessa uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta. L’immagine con alcuni versi era stata messa davanti ai locali dove lei trascorreva il tempo durante l’Università
Buttata per terra come un fazzoletto usato, tanto da essere così calpestata e diventare una cartaccia, di quelle che gli operatori ecologici con il soffione spostano verso il mezzo che con le sue spazzole aspirerà la sporcizia urbana. È questo l’amaro destino toccato alla foto di Giulia Cecchettin, che da un anno stava posizionata a Padova su un muro di via Portello, nell’omonimo quartiere, più o meno all’altezza della pasticceria Manzato.
Non si sa se l’episodio di vandalismo sia accaduto martedì o giovedì della settimana scorsa, perché la foto era a terra rovesciata. Chi ha compiuto l’ignobile gesto ha strappato l’immagine dalla cornice per rubare quest’ultima e qualche fiore, che di tanto in tanto studenti e persone di passaggio, ponevano al di sopra del quadro fotografico per salutare Giulia, per ricordarla e onorarne la memoria.
Orribile lo sprezzo nei confronti dell’immagine della ventiduenne, uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta l’11 novembre a Fossò in provincia di Venezia.
La zona della città del Santo nella quale è avvenuto l’episodio, ha alcune telecamere di servizio utilizzate soprattutto da parte dei locali commerciali e chissà che non sia possibile verificare l’identità di un ladro tanto spregevole, che per rubare una cornice laccata di rosso del costo inferiore ai dieci euro non ha avuto cuore della foto.
Per fortuna la maleducazione e l’assenza di umanità è riconducibile solo al ladro dell’oggetto, perché non appena le persone si sono accorte dello scempio, è scattata la solidarietà.
La riproduzione è stata immediatamente “adottata” dalla pasticceria Manzato, che l’ha collocata al di là del bancone, tra le mensole che espongono i prodotti.
Da quella posizione Giulia Cecchettin continua a sorridere agli avventori e le parole scritte in nero da una mano amica su cartoncino giallo sono una dedica di puro affetto: “Proprio qui dove, Tra una lezione e l’altra, Sorridevi Spensierata e Ti preparavi al Futuro. – Dedicato a Te Immensamente Giulia-”.
Poche semplici frasi firmate da qualcuno che conosceva bene Giulia e che ha deciso di posizionare la sua foto e la sua dedica là, nei luoghi tipici frequentati da centinaia di studenti che ogni giorno a qualsiasi ora abbondano in via Portello a piedi o in bicicletta.
I ragazzi si riuniscono nei numerosi bar e nella storica pasticceria per momenti di convivialità e la strada è un brulicare di vita.
Tra l’altro nell’immagine che era affissa sulla parete, si scorge, proprio dietro la studentessa, l’attività dei Manzato. La ragazza sorride a chi le sta facendo la foto, è serena, rilassata, come tutti i giovani che sono in procinto di laurearsi e ai quali il futuro può offrire tante opportunità. Ma a lei, il destino ha riservato un finale diverso, la donna felice e serena che ormai tutti conoscono per il tragico femminicidio, non ha potuto discutere la sua tesi in ingegneria biomedica fissata per il 16 novembre 2023, perché Filippo Turetta non ha voluto: o mia o morta. Così anche Giulia è diventata un’involontaria protagonista di quel macabro dato che vede una donna uccisa in Italia ogni tre giorni.
«Siamo sconvolti, non riusciamo a capire come una persona possa compiere un gesto del genere. Non ci sono parole. Un atto vergognoso, speriamo che qualcuno possa capire chi è stato e che la persona che si è resa responsabile di un’azione così indegna, possa essere quanto prima identificata», commentano le dipendenti della pasticceria, «Intanto è qui al sicuro da noi, la proteggiamo. Da quando si è diffusa la notizia in zona è stato un viavai di persone che hanno reso omaggio a Giulia esprimendo solidarietà. Guai a chi la tocca ancora».
E oggi, 16 dicembre, al Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione di via Gradenigo si terrà la cerimonia con la rettrice Daniela Mapelli per intitolarle un’aula .
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia