L’uomo che fa il Babbo Natale tutto l’anno

Il trevigiano Bernardino Contarin: da 15 anni l'anima di Babbo Natale, anche d'estate: «Letterine, videochiamate, migliaia di selfie... Ma la cosa più bella resta regalare un sogno»

Alessia de Marchi
Bernardino Contarin
Bernardino Contarin

«Pronto. Buongiorno, parlo con Babbo Natale?».

La risposta all’altro capo del telefono arriva decisa e immediata: «Sì». Nessun tentennamento, nessuna sorpresa, perché Bernardino Contarin, barba e capelli rigorosamente (e, nel suo caso, naturalmente bianchi, «Ce li ho da quando avevo 30 anni»), da 15 veste i panni di Santa Claus d’inverno, ma anche d’estate («se me lo chiedono»). Adesso è a Malta per qualche giorno di vacanza.

«Dopo il 26 dicembre lascio spazio alla Befana». Questo Natale è stato impegnativo: spot pubblicitari, tour promozionali e soprattutto tanti incontri con bimbi di tutte le età. Eh sì, perché a Babbo Natale Bernardino scrivono anche nonni e genitori.

«Chiedono salute per i figli, pace. E quest’anno anche baci: c’è un grande bisogno di star bene e di sentirsi amati».

Residenza a Poggiana di Riese, nel Trevigiano, Contarin è nato 64 anni fa in una famiglia numerosa. Mamma e papà contadini hanno allevato otto figli, sei maschi e due femmine, insegnando loro i valori buoni del Natale: la gioia dello stare insieme e l’importanza delle cose semplici. Maturità di perito meccanico, Bernardino ha lavorato come responsabile in una ditta metalmeccanica di Riese fino a 4 anni fa quando è andato in pensione e ha iniziato a fare Babbo Natale a tempo pieno.

Ma lei, Babbo, da piccolo credeva a Santa Claus?

«Oh oh oh (ride con tono e tempi perfetti, ndr). A cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, nelle nostre campagne venete Babbo Natale era una tradizione... per ricchi. Noi si credeva di più alla Befana, era più vicina al nostro quotidiano fatto di terra e fuoco, vin brulè e bucce d’arancia sopra le cucina economiche a profumare le nostre case».

Quando è diventato Babbo Natale?

«15 anni fa in parrocchia mi hanno chiesto di indossare abito e cappello rossi bordati di pelliccia bianca per consegnare i regali ai bimbi del paese la vigilia di Natale. Giravamo in camion con i miei fedeli elfi (tra cui mia figlia Angelica) per la gioia dei nostri bimbi. Un lavoraccio: fino a trecento consegne in un giorno. Mi ha visto il proprietario di un centro commerciale di Carmignano, un mio compaesano. “Il prossimo anno ti voglio da noi”. E così è stato. Poi è arrivata Verona: per due anni sono stato selezionato come Babbo Natale della città».

Perché, esistono anche concorsi per diventare Babbo Natale?

«Certo, non tutti possono farlo in maniera ...“professionale”. Si richiedono una presenza imponente, una personalità accogliente, un’adeguata cultura natalizia. Il bando di selezione della Città di Verona indica requisiti precisi: capelli e barba bianchi, un’altezza non inferiore al metro e ottanta, un peso di almeno 105 chili (io arrivo a 120) e la conoscenza della storia di Babbo Natale perché bisogna essere pronti a rispondere a tutte le domande. E ai bambini non sfugge niente: sono curiosi e attentissimi».

Lei dove ha studiato per diventare Babbo Natale?

«Sui libri e navigando on line. E poi alla scuola per noi Babbi che si trova a Busto Arsizio. Ci troviamo ogni anno per confrontarci e dare consigli ai nuovi arrivati. Ero il più giovane fino a quando nella nostra squadra è entrato un “collega” di 62 anni. Gli altri sono più grandi: avere barba e capelli bianchi da “giovani” non è da tutti. Babbo Natale fa due magie: conosce tutte le lingue del mondo e ferma il tempo la notte di Natale per consegnare due miliardi di regali mentre tutti dormono».

Lei conosce tutte le lingue?

«Dei luoghi in cui sono stato, sì. E con il Coca Cola tour ho girato da Lugano a Catania. Non sono mai andato in Lapponia, ma me l’hanno sconsigliato. Chi c’è stato è tornato deluso: solo una baita a cui arrivano le letterine a un Babbo con la barba finta...».

Il suo Natale più bello?

«Forse quello del 2022 condiviso con le ragazze di un centro per il recupero delle vittime di violenza. È stata un’esperienza difficile e, al tempo stesso, forte che porterò sempre con me. Mio figlio Riccardo, che fa lo chef a San Martino di Lupari, ha preparato la cena. Le ragazze avevano scritto le lettere a Babbo Natale e con la complicità della direttrice e dei miei contatti abbiamo esaudito i loro desideri. È stato emozionante».

Babbo Natale si emoziona?

«Mi commuovo spesso. Forse perché nei bimbi vedo mio figlio Francesco. La malattia me l’ha rapito quando aveva solo sei anni».

Risponde a tutte le letterine che le arrivano?

«Non tutte hanno l’indirizzo di chi le manda. Dove lo trovo, rispondo e se c’è il numero di telefono faccio anche una videochiamata. La cosa più bella è regalare un sogno».

Cosa le chiedono i bimbi?

«Di tutto. Non solo giocattoli. Una sola volta ho fatto fatica a trovare la risposta giusta. Un bimbo mi ha domandato diretto: “Perché non fai guarire mio fratello?”».

Un attimo di tristezza, poi torna il sorriso. Anche a Babbo Natale che ricorda il record di 1.200 selfie in un giorno al mercatino di Bolzano nel 2023 allo chalet dei Thun. E adesso si prepara ai nuovi impegni: si riparte a febbraio anche come attore e capogruppo degli alpini di Riese. Le chiamate per Babbo arrivano anche in estate da Asiago, Cortina.

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia