Oltre 300 fiaccole per Alberto Trentini: «La sua liberazione è la nostra priorità»

Commozione e solidarietà durante la manifestazione al Lido di Venezia. Proiettate le testimonianze di amici e colleghi del cooperante

Eugenio Pendolini

Trecento luci di libertà si accendono per Alberto Trentini. Sono le luci delle fiaccole tenute in mano da amici, rappresentanti della Municipalità e cittadini che chiedono la liberazione del cooperante detenuto da metà novembre in Venezuela.

Ad illuminarsi però non è solo il piazzale della chiesa di Sant’Antonio, al Lido, poco distante dalla casa dei genitori del 45enne, dove è stata realizzata una fiaccolata partecipata e composta, come richiede la delicatezza del momento, con le trattative in corso per arrivare alla libertà tanto attesa.

Ad illuminarsi infatti, per bocca dei tanti colleghi che in questi anni hanno condiviso un tratto di strada con Trentini, sono anche gli angoli di mondo – dal Perù alla Bosnia, dal Paraguay all’Etiopia – dove il cooperante ha operato, sempre al fianco degli ultimi.

La fiaccolata per Alberto Trentini, il cooperante veneziano detenuto in Venezuela

Sullo schermo davanti alla chiesa vengono proiettati due brevi video. Nel primo, gli amici di lunga data raccontano che persona sia Alberto, la sua disponibilità al dialogo, il suo carattere solare. Nel secondo, si susseguono testimonianze in italiano, in inglese e in spagnolo.

Sono i colleghi di Trentini, i cooperanti umanitari che insieme a lui hanno consegnato beni di prima necessità e kit di soccorso ai migranti, che hanno distribuito generi alimentari alle famiglie colpite dalle inondazioni. Il primo a intervenire al microfono è don Renato Mazzuia, parroco di Sant’Antonio, in questi mesi tra le persone più vicine alla mamma e al papà di Trentini.

L’impegno e la dignità con cui Alberto stava svolgendo il suo lavoro viene invece sottolineato da Luca Tiozzo, tra i portavoce del comitato Alberto Trentini Libero nato su iniziativa degli amici più stretti. «Si trova in una situazione di privazione da novembre, con dignità la famiglia sta affrontando questo momento. Vorremmo urlare ma resteremo composti, come chiede la delicatezza di questo momento».

Presente anche Alice Fanti, direttrice di Cefa onlus, che solo due giorni fa ha appeso nella sede del comune di Bologna, insieme al sindaco Matteo Lepore, uno striscione per chiedere la liberazione di Trentini. Un’iniziativa che ora viene chiesta anche dai consiglieri di minoranza della Municipalità di Lido e Pellestrina.

In prima fila, seduti sotto lo schermo, anche i genitori di Alberto. In tanti si avvicinano a stringere loro la mano in segno di supporto.

Nessun intervento pubblico da parte loro, solo la «speranza», divampata due giorni fa dalle notizie sulle buone condizioni di salute del figlio, che le trattative diplomatiche in corso tra Italia e Venezuela diano buoni risultati.

Per loro, a prendere parola è la zia di Trentini, Oliva, visibilmente commossa: «Prima del 15 novembre sentivamo Alberto ogni giorno, non potete capire quanto ci manchi. Grazie a chi ci sostiene».

In prima fila anche Articolo 21, con il portavoce nazionale Beppe Giulietti e con Ottavia Piccolo: «L’accusa di terrorismo nei confronti di Trentini deriva dall’aver distribuito una coperta agli ultimi di cui si è preso cura. C’è una trattativa difficilissima in corso, quando è in gioco la vita di una persona non si danno false speranze».

Per i familiari e gli amici di Alberto non resta che l’attesa, quindi, di poter tornare ad abbracciarlo.

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia