Melanoma, un team di specialisti per un attacco mirato che salva il paziente
Da oltre un anno l’emergenza sanitaria legata al Covid-19 assorbe quasi completamente le energie e le attenzioni di chi si occupa di salute pubblica dimenticando che la pandemia ha ripercussioni pesanti sul trattamento di altre patologie, tra cui quelle oncologiche, dove la tempestività della diagnosi è un elemento centrale per aumentare le probabilità di sopravvivenza del paziente. All’Istituto Oncologico Veneto (IOV), con fatica e massima attenzione ai protocolli di sicurezza, la prevenzione e le visite di controllo per i pazienti con melanoma sono proseguite nonostante l’emergenza Covid, sin dalla prima ondata.
La prevenzione non si ferma
In Veneto si registrano ogni anno 15 casi di melanoma ogni 100mila abitanti per un totale di circa 750 casi all’anno. Numeri che potrebbero aver subito l’impatto del Sars-Cov-2. “Durante la pandemia, il team multidisciplinare del Centro di Riferimento ha continuato ad offrire il proprio servizio ai pazienti senza interruzioni significative sia nell’attività di prevenzione clinica che in quella terapeutica”, spiega Mauro Alaibac, responsabile UOC di Clinica Dermatologica, Azienda Ospedaliera di Padova. “Ciò è stato reso possibile grazie alla messa in sicurezza dei pazienti e degli operatori sanitari seguendo i rigidi protocolli individuati a livello nazionale e regionale”. L’ospedale ha quindi garantito ai propri pazienti le prestazioni oncologiche urgenti anche durante il lockdown, seguendo buona parte dei pazienti già in carico presso la struttura, nonostante sia purtroppo stato fisiologico un ridimensionamento delle diagnosi precoci in quest’ultimo periodo. Al contrario, invece, la diagnosi precoce è e deve continuare ad essere un obiettivo primario, visto che permette un più alto numero di guarigioni complete.
Un lavoro di squadra con percorsi ben definiti
Due i punti di forza del Centro di riferimento regionale: la presenza di un team multidisciplinare e il fatto che in Veneto esista un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) riconosciuto dalla Regione per la gestione del paziente con melanoma per la riduzione dei tempi di diagnosi, stadiazione, trattamento e follow-up. “Questo percorso - spiega Alaibac - necessita di un approccio multidisciplinare che vede coinvolti diversi professionisti che seguono a vario livello il paziente con melanoma e deve essere condiviso tra i medici di medicina generale e gli specialisti delle sedi ospedaliere e del territorio”. La presenza di un team multidisciplinare permette una diagnosi precoce e la fattibilità di un approccio curativo nei riguardi dei melanomi cutanei. “Nei casi più avanzati questa organizzazione permette un percorso diagnostico e terapeutico tempestivo ed omogeneo su tutto il territorio regionale in particolare in relazione alle nuove terapie sempre più efficaci e selettive verso il melanoma”, spiega Alaibac che aggiunge: “E’ fondamentale anche la rete con il territorio, compreso il terzo settore come, per esempio, gli ambulatori di prevenzione della Lega Italiana per la Lotta ai Tumori”.
Come si effettua la diagnosi
In tutto il mondo la diagnosi di questo tumore della pelle si effettua attraverso la dermatoscopia o epiluminescenza, un esame non invasivo che permette di riconoscere melanomi o altri tumori della pelle. “Consente di studiare le caratteristiche di formazioni cutanee sospette e di verificare se sono maligne”, spiega Simone Mocellin, direttore Unità Melanoma e Sarcomi, Istituto Oncologico Veneto Iov-Irccs di Padova e Dipartimento di Scienze Chirurgiche Oncologiche e Gastroenterologiche, Università di Padova. “Dopo aver ricoperto la lesione cutanea da esaminare con uno strato sottile di olio minerale, il medico la osserva con uno strumento detto dermatoscopio che permette di distinguere le strutture interne”. Le immagini possono essere acquisite digitalmente e memorizzate per i controlli successivi, in modo da poter valutare l'evoluzione nel tempo.
L’Intelligenza Artificiale per diagnosi più precise
Da anni varie ricerche cercano di trovare sistemi di diagnosi più accurate. Proprio all’Istituto Oncologico Veneto si sta sperimentando una nuova modalità di diagnosi del melanoma con l’impiego dell’Intelligenza Artificiale che combina una tecnica di fotogrammetria con la teletermografia. “In pratica, si unisce l’analisi dell’aspetto macroscopico di una lesione al dato termografico basandosi sul fatto che il melanoma ha una capacità di reagire agli infrarossi diversa dalle strutture cutanee normali”, spiega Mocellin. Il vantaggio di questo tipo di tecnologia è la mappatura in 3D. Con la dermatoscopia le lesioni sospette vengono localizzate dal medico una per una, mentre grazie all’Intelligenza Artificiale questo sistema verrebbe sostituito da un'unica scansione in grado di valutare tutta la superfice corporea, individuando le lesioni su cui poi il medico si concentra. “L’apparecchiatura è arrivata in Istituto all’inizio di quest’anno, abbiamo appena iniziato a sperimentarla e attendiamo i primi risultati entro un anno”, aggiunge il chirurgo.
La ‘marcia’ in più della terapia target
Sul fronte delle terapie, invece, sono stati molti i progressi di questi ultimi anni, a cominciare dalla medicina di precisione. “Si tratta di un approccio che sfrutta alcune alterazioni molecolari presenti nelle cellule tumorali, ma non in quelle sane, e che quindi consente di sviluppare dei farmaci mirati”, spiega Mocellin. La classica chemioterapia è aspecifica, cioè colpisce sia le cellule sane che quelle tumorali ma queste ultime si moltiplicano più velocemente. “Ciò significa che non si può esagerare con i dosaggi altrimenti si uccidono anche le cellule sane. La terapia mirata, invece, consente di somministrare il farmaco necessario ad eliminare le cellule tumorali senza colpire anche quelle sane”.
Il ruolo della mutazione BRAF
Il melanoma è stato uno dei primi tumori solidi a giovarsi della medicina di precisione grazie all’individuazione della mutazione BRAF, presente nel 50% dei melanomi cutanei. “Questa mutazione gioca un ruolo importante nel processo di proliferazione cellulare del melanoma, attivando una crescita incontrollata delle cellule maligne. La farmacologia ha consentito di mettere a punto un farmaco specifico per il melanoma con mutazione BRAF. Si tratta di una terapia selettiva che colpisce soltanto le cellule del melanoma”, continua Mocellin. È un progresso importante perché, prima della terapia target, il melanoma era uno di quei tumori senza uno specifico trattamento medico da trattare soltanto con la chirurgia. “Gli studi scientifici hanno dimostrato che, grazie a questi farmaci, la sopravvivenza a cinque anni per i pazienti con melanoma metastatico che prima era al 5-10% oggi raggiunge il 30-40%. Un altro vantaggio - aggiunge Mocellin - è che gli inibitori di BRAF si possono prendere per bocca e quindi sono più semplici da assumere per il paziente”.
Il ruolo della terapia adiuvante
Quando si opera un paziente, eliminando in modo radicale il melanoma, l’obiettivo è liberare dal tumore. Tuttavia, può persistere un rischio variabile che nel tempo si sviluppi una recidiva. Per avere un’idea del rischio individuale di andare incontro a recidiva dopo la chirurgia, gli oncologi si basano sulle caratteristiche del melanoma che è stato asportato e sullo stato dei linfonodi regionali: “Nel caso di tumori al primo o secondo stadio - spiega Mocellin - il rischio di recidiva è basso, per cui non si ritiene necessaria una terapia post-operatoria. Ma c’è anche un sottogruppo di pazienti che sono considerati a rischio di recidiva medio o elevato, in quanto presentano un coinvolgimento dei linfonodi regionali. Noi dobbiamo fare tutto il possibile per abbattere questo rischio. In questi casi si consiglia la terapia adiuvante, cioè un trattamento che si effettua dopo l’intervento chirurgico e che migliora la sopravvivenza libera da recidiva di malattia. Sono tutti risultati possibili grazie alle nuove terapie”.
Il progetto LinkME
Con l’obiettivo di garantire più omogeneità e qualità nella diagnosi e cura del melanoma su tutto il territorio nazionale è stato avviato, con il contributo di Novartis, il progetto LinkME, un network di eccellenza lanciato dall’Intergruppo Melanoma Italiano (IMI), l’Associazione scientifica multidisciplinare che tratta questo tipo di tumore della pelle. Il progetto assicura a tutti i pazienti italiani, indipendentemente dal luogo di residenza, le migliori opportunità di cura grazie alla creazione di un ampio network di eccellenza dove il team multidisciplinare presente in ciascun Centro di Riferimento garantisce competenza, attenzione e qualità nella diagnosi e cura.
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