Il Consiglio di Stato boccia il ricorso per salvare la moschea di via Piave a Mestre
Ex supermercato trasformato in un luogo di culto da un’associazione. Pubblicata la sentenza destinata a far discutere sul centro culturale Ittihad: i magistrati hanno dato ragione al Comune e rigettato l’appello dei musulmani

I musulmani non potranno più pregare nell’ex supermercato di va Piave a Mestre adibito a luogo di culto. Il tanto atteso pronunciamento sul centro di preghiera che a lungo ha fatto discutere, finalmente è arrivato. E come si prevedeva, dopo la fine del Ramadan, per evitare tensioni e proteste in vista del mese sacro e della festa dell’Eid.
Il Consiglio di Stato si era riunito a fine gennaio, qualche cosa era trapelato, ma solo giovedì 3 aprile è stata pubblicata la sentenza, presa molto male dai bengalesi. La partita era finita al Tribunale amministrativo regionale, il centro culturale era stato chiuso, e poi al Consiglio di Stato, che aveva concesso la sospensiva.
Tanto che le porte dell’ex supermercato trasformato in sala di culto erano state riaperte, con tutte le garanzie del caso. Poteva essere utilizzato, però, solo come spazio associativo. Tanto che per tutta l’estate, in forma di protesta, i bengalesi si erano riuniti nonostante il caldo, a pregare al Piraghetto ogni venerdì. Un botta e riposta tra l’associazione Ittihad, rappresentata e difesa dai legali Ilaria Brunelli, Marco Biagioli e Caterina Caregnato e il Comune di Venezia con i suoi legali.
Con il pronunciamento definitivo del Consiglio di Stato, l’ex spazio ad uso commerciale adibito a centro associativo e di fatto a luogo di culto, non potrà più essere utilizzato in quanto sala di preghiera e verrà probabilmente chiuso. I locali andranno ripristinati.
L’associazione, per ora, non vuole parlare ufficialmente, ma sta decidendo cosa fare. E non è esclusa una protesta. L’estate scorsa l’europarlamentare della Lega Anna Maria Cisint, era arrivata anche a Mestre, e aveva fatto tappa proprio in via Piave, tanto che era stato consigliato ai fedeli di non farsi vedere. E giovedì il Consiglio di Stato si è espresso sul contenzioso in corso dal novembre 2023 tra i Centri Islamici Baitus Salat e Darus Saalam e il Comune di Monfalcone, sull'utilizzo di tre locali come luoghi di preghiera. Altrettante le sentenze, nelle quali ci si pronuncia a favore dell’appello del Comune e si respinge il ricorso di primo grado proposto dai Centri.
Il collegio di Roma, tra le premesse, ricorda che l’esercizio del culto è un diritto inviolabile, e che sulle autorità pubbliche grava il duplice dovere «in positivo di prevedere e mettere a disposizione spazi pubblici per attività religiose», in negativo di «astenersi dal frapporre ostacoli ingiustificati all’esercizio del culto in luoghi privati e dal discriminare le confessioni nell’accesso a quelli pubblici».
Il nodo, però, è di carattere urbanistico, fa capire il collegio, e di cambio di destinazione d’uso, e ha pesato sulla decisione «l’impatto sull’abitato» e il mutamento di destinazione in contrasto con la legge regionale.
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