Turbativa d’asta e corruzione, ecco le accuse all’ex assessore Boraso
Negli atti della procura la ricostruzione di tutti gli episodi contestati: pressioni e consulenze mascherate
Di quali reati è chiamato a rispondere l’ex assessore al Patrimonio e alla Mobilità Renato Boraso nel processo con rito immediato in calendario il 27 marzo? Di quei casi di corruzione e di turbativa che gli contestano i pm Federica Baccaglini e Roberto Terzo e per i quali il giudice Alberto Scaramuzza aveva a suo tempo firmato la misura cautelare che l’aveva portato in carcere e, dopo mesi, ai domiciliari.
“Favori in cambio di soldi e voti”
Detto che si tratta di accuse e non di sentenze e che saranno i giudici a stabilire se vi siano responsabilità o meno, si parte - nel capo di imputazione - con l’accusa di aver ricevuto 60 mila euro dagli imprenditori Francesco Pizzolo, Sergio e Stefano Pizzolato per «compiere atti contrari ai doveri d’ufficio) e ottenere (con pressing sul sindaco Brugnaro e il direttore generale Ceron, in giunta, in Consiglio comunale) la delibera di interesse pubblico che autorizzava la creazione del Park 4.0, parcheggio da quasi 500 posti auto, poi dichiarato illegittimo dal Tar perché insistente nell’area del Bosco di Mestre.
Per l’accusa, «frutto delle pressioni sugli amministratori comunali e sui dirigenti e funzionari del settore Urbanistica e degli apporti deliberativi dell’assessore e consigliere Boraso».
Tangenti - dice la Procura - pagate sempre sotto forma di consulenze alle società di Boraso, con tanto di Iva.
Poi il caso dei presunti accordi con l’imprenditore Daniele Brichese amministratore della Tecnofon (anche lui agli arresti e rinviato a giudizio con rito immediato): 10 mila euro fissi l’anno più il 4 per cento su ogni gara che l’ex assessore fosse riuscito a far assegnare alla Tecnofon in Comune, Città metropolitana, aziende pubbliche, nel campo dell’efficentamento energetico.
Boraso si sarebbe attivato per ottenere da funzionari e amministrazioni «informazioni privilegiate» sulle gare di Veritas, per l’ex casermetta di Forte Marghera, istituti scolastici, ma anche per indurre un’impresa a dare in subappalto alla Tecnofon i lavori per la ristrutturazione dell’ex Emeroteca di Mestre, ipotizzando di mandare gli ispettori dello Spisal in sopralluogo se l’accordo non fosse andato in porto. O attivarsi per far mettere le mani detta ditta - sempre secondo le accuse - su un appalto da 1 milione per la nuova residenza anziani di Mestre, pressando sugli amministratori che avevano affidato l’opera ad altri».
“Utilità e consenso elettorale”
E ancora le pressioni e «atti contrari ai doveri d’ufficio per interferire su amministratori e dirigenti della società pubblica Avm (l’ex amministratore delegato di Avm Giovanni Seno e il dirigente appalti Fabio Cacco) per assegnare i servizi di vigilanza alla Cds di Helio Costantini. «Utilità economiche e il procacciamento a Boraso e ai partiti da lui indicati del voto die dipendenti e dei loro familiari alle future consultazioni amministrative e politiche, l’assunzione di persone indicate da Boraso per mantenere e accrescere il suo consenso elettorale», quando - secondo la Procura - l’ex assessore avrebbe concordato con Gaetano Castelano per aiutarlo a far assegnare al suo istituto di vigilanza i servizi di controllo di Actv. Per Silvano Turro avrebbe invece fatto pressing sul direttore del Casinò Alessandro Cattarozzi per assegnare alla sua Eco Eco Green la custodia delle aree verdi: ma dopo aver ottenuto informazioni sul numero di concorrenti e i margini di ribasso per vincere era stato lo stesso Turro a mandare tutto all’aria sbagliando l’offerta di gara.
Affari e minacce
Secondo la ricostruzione dell’accusa, Boraso sarebbe addirittura arrivato a intimidire la responsabile delle opere idrauliche del Comune «rappresentandole le conseguenze dannose che le sarebbero derivate dai vertici dell’amministrazione e dal sindaco in particolare, ove gli approfondimenti da lei richiesti avessero rallentato due pratiche».
Quali? quelle che interessavano Matteto Volpato e Filippo Salis (“prezzo” 38 mila euro ricevuti dal primo, 50 mila dal secondo sempre sotto forma di false consulenze, per la Procura) per i piani di lottizazione di due aree della zona Aev Dese. Con pressioni anche «sui consiglieri di maggioranza Deborah Onisto e Maika Canton per impedire che con i loro emendamenti riducessero le altezze degli immobili».
L’amico e intermediario
Definito dall’accusa «concorrente morale (quale istigatore e promotore della corruzione di Boraso ed intermediario iniziale dei rapporti con lui)», l’imprenditore Fabrizio Ormenese, anche lui ai domiciliari e a processo il 27 marzo.
Per assegnare alla Open Software di Stefano Comelato e Nicola Milanese - tramite Ormenese - Boraso avrebbe concordato 40 mila euro per convincere il direttore generale del Comune Ceron e il comandante della Polizia locale Marco Agostini a a preferire l’Open a altre ditte. Ma così non è stato. Interesse diretto di Ormenese (in cambio di 40 mila euro e la promessa di un attico) per 20 mila metri quadri dell’Ive.
I 163 mila euro di Gislon
L’ccusa più corposa riguarda il pagamento di 163 mila euro (su un totale promesso di 224 mila) pagato da Francesco Gislon (anche lui agli arresti e a processo il 27 marzo) per far assegnare alla sua Ma.Fra. appalti in Conune, Città metropolitana, gare. Fatture (false per la Procura) emesse e pagate.
Parti civili
In vista del processo del 27 marzo, il gup Scaramuzza ha identificato anche una serie di parti offese: il Comune di Venezia e la Citta metropolitana in persona del sindaco; Avm, Actv, Casinò Gioco Spa. difese dall’avvocato Renzo Fogliata.
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