“Terra bruciata!”. Violenze naziste e Resistenza diventano film

Il documentario di Luca Gianfrancesco sarà presentato il 26 novembre al Giorgione di Venezia
VENEZIA. «Quando si parla di Resistenza, lo si fa pensando all’Italia da Roma in su. Io sono originario di un paese del Casertano e ho scoperto che la striscia di terra compresa tra la provincia nord di Napoli e il basso Lazio è stata teatro di tantissimi episodi di Resistenza. Episodi di cui io, i miei coetanei, la generazione dei miei genitori non sapevamo nulla. Persone deportate, morte nei campi di concentramento o, se “fortunate” , tornate a casa due – tre anni dopo le rastrellate naziste. Ho iniziato a bussare ad alcune porte e dall’altra parte ho trovato fiumi di parole. Parole fino ad allora non dette, perché nessuno aveva mai fatto domande». Lo dice Luca Gianfrancesco, regista di “Terra bruciata!”: documentario che racconta le violenze naziste perpetrate all’indomani dell’8 settembre del’43 nella Campania settentrionale; e, allo stesso tempo, che racconta la Resistenza del Mezzogiorno, pagina della storia dai più mai conosciuta. 
 
Il film – che alterna testimonianze a immagini di repertorio e sequenze ricostruite in chiave fiction – sarà proiettato il 26 novembre, alle 20, presso il Cinema Giorgione, alla presenza del regista, del professore associato in Storia Contemporanea di Ca’ Foscari Simon Levis Sullam e del direttore di Beit Venezia, Giuseppe Balzano. «Ho iniziato questo progetto pensando a un documentario televisivo. Poi, procedendo con il lavoro, mi sono reso conto che il materiale raccolto meritava lo spazio di un film», prosegue Gianfrancesco. «Il mio obiettivo è dare un contributo per far sì che nel nostro Paese si crei una memoria condivisa sulla Resistenza che coinvolga anche il sud Italia». È un esempio di Resistenza civile uno degli episodi cardine del film.
 
«Durante la Seconda Guerra Mondiale, le imprese erano sguarnite, perché gli uomini erano al fronte», spiega il regista. «Mussolini allora emanò una direttiva permettendo ai titolari di tali aziende di fare richiesta di manodopera ebrea in sostituzione dei soldati. Così fece nel’42 il podestà di Tora e Piccilli, paesino del Casertano che ben presto si trasformò in una vera e propria comunità ebraica. Una comunità ebraica che – superato il primo periodo di diffidenza – iniziò a integrarsi con gli abitanti, i quali, dopo l’arrivo dei tedeschi, aiutarono gli ebrei a fuggire, facendo scomparire dall’anagrafe i loro nomi». Un unico episodio preso ad esempio per raccontare la miniera di storie, di racconti finora sconosciuti dalla “memoria collettiva”, ma tramandati all’interno delle famiglie.
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