Russolo, il futurista che fu maestro nell’arte e nella musica

Luigi Russolo fu un futurista molto speciale: firmò con Boccioni, Balla, Carrà e Severini il manifesto della pittura nel 1910, rimase con Marinetti quando il futuro Accademico d’Italia prese temporaneamente le distanze da Mussolini, si staccò dalla Sarfatti perché contrario al recupero del classicismo pur se in chiave moderna.
Niente “ritorni” solo avanguardia per Russolo, in pittura e, soprattutto, in quella che è stata la sua creatura più eclatante, la musica dei rumori: episodio saliente di sperimentazione che nel 1946 John Cage riconobbe come precedente fondamentale e ingiustamente dimenticato. La teorizzazione dell’Arte dei rumori e la realizzazione di una strepitosa varietà di Intonarumori ne hanno fatto un antesignano della musica contemporanea come riconobbe anche Luciano Berio che fu trai primi a riscoprirlo negli anni Cinquanta. Il successo fu immediato: oltre che a Roma e Milano, le macchine musicali rumoriste fecero furore a Parigi dove ottennero il plauso di Stravinskij, e a Londra, dove tennero banco per dodici serate al teatro Coliseum. Il fratello Antonio, musicista e direttore d’orchestra, l’aiutò nelle esecuzioni “rumorarmoniche” e anche nell’incisione di un disco. La familiarità con la musica del resto era connaturata dato che il padre era stato organista nel Duomo di Portogruaro, città natale di Russolo. Ed è nella nobile cittadina veneta che con la “Gran serata futurista: teatro+danza+musica+immagin…azione” di Massimiliano Finazzer Flory, il Futurismo a tavola diretto da Matteo Fochesati e la musica elettronica di Andrea Rossi e del Gruppo Percussioni Fondazione Musicale Santa Cecilia, s’inaugura stanotte “Casa Russolo” a cura di Boris Brollo, sistemazione definitiva della collezione completa delle incisioni (documentata dalle lastre originali) e di sette olî dell’artista in palazzo Altan Venanzio nel mezzanino del quale Russolo vide la luce il 30 aprile 1885. Alle cinque tele possedute dal Comune si sono aggiunti di recente due dipinti “Un grande parco e pini” e “Fiume e pioppini all’aurora” entrambe del 1937 che arrivano da un collezionista privato. Franco Tagliapietra, massimo esperto di Russolo che, con Anna Gasparotto, ha curato le tre grandi mostre sull’artista al Mart di Rovereto, a Londra e a Ascona, sostiene che queste tele inedite e di grandi dimensioni consentono di anticipare di due anni la stagione che Russolo definì “classico-moderna”. Ad essa approdò nella maturità chiudendosi alle spalle le porte della sperimentazione.
L’adesione coerente ed estrema all’avanguardia lo aveva portato tra la fine degli anni Venti e i primi Trenta a Parigi dove si esibì con le sue choccanti invenzioni musicali in spettacoli multimediali, dalla Pantomima futurista ai film di Deslaw, oltre che in concerti. Ma fu l’amicizia con Michel Seuphor e il gruppo Cercle et Carré a fargli posto nel solco dell’avanguardia internazionale. Divenne amico di Kandinskij che lo citava nei suoi corsi al Bauhaus, di Gropius e di Mondrian che scrisse un articolo su di lui. Amò una pittrice amica di Sonia Delaunay e approdò all’astrattismo negli anni in cui il Novecento imperversava in patria.
L’esaltazione per questo corso novissimo dell’arte lo scosse anche dal punto di vista esistenziale. Dopo un soggiorno di riflessione in Spagna, tornò in Italia e si stabilì a Cerro di Laveno in Lombardia, lontano da Milano. Tornò dunque a casa e si riappacificò con la vita, la moglie e la pittura. Prese a dipingere paesaggi naturali dove fece sintesi di impressionismo, simbolismo e sintetismo, quasi a voler esprimere una dimensione conclusiva di riconciliazione e di illuminazione. Si dedicò a studi filosofici e antroposofici pubblicando nel 1938 “Al di là della materia”, mentre “Dialoghi tra l’Io e l’Anima” non vide mai la stampa. Fu la moglie dopo la sua morte a instaurare un rapporto con il paese di nascita del marito e a dotarlo di un lascito che ora con “Casa Russolo” viene definitivamente valorizzato.
Gli olî sono sette ma raccontano l’intera parabola del pittore dal tempestivo “Linee forza della folgore” del 1912 (creduto distrutto perché coperto dal tardivo “Tre Pini”) che interpreta, in perfetto stile futurista, il tema a lui caro dell’esplosione di un fulmine tramite la propagazione simultanea di linee-forza in tutte le direzioni tali da rompere con bagliori acuti le scure onde plastiche della notte, a “Impressioni di un bombardamento” esposta alla Biennale del 1926 con immutato orgoglio futurista in una stagione già dominata dai novecentisti in ascesa. L’opera grafica di Russolo è altresì molto importante. Lo accompagnò negli esordi milanesi, ne contemplò la felice deriva simbolista, adottò il cimento d’ordinanza della madre che cuce e della ciminiera che fuma, approdò a Nietzsche e alla follia, alla danza macabra di scheletri e maschere, al dissidio tra tenebre-luce e alle scomposizioni futuriste.
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