Il genio di Bischof ai Tre Oci: scatti entrati nella storia

Ai "Tre Oci" personale dedicata a Ande Werner Bischof, uno dei più grandi fotogiornalisti dell’Agenzia Magnum
USA. Southern part of the country. 1954.
USA. Southern part of the country. 1954.

VENEZIA. Il 16 maggio 1954 moriva in un incidente stradale nelle Ande Werner Bischof, uno dei più grandi fotogiornalisti dell’Agenzia Magnum. Nove giorni più tardi Robert Capa, il fondatore della Magnum, saltava in aria su una bomba anti-uomo in Indocina. Legati da un tragico destino mentre erano entrambi in missione, questi due giganti della fotografia del Novecento si ritrovano di nuovo assieme, uniti in un dialogo a distanza grazie a due mostre che li vedono protagonisti. La retrospettiva su Robert Capa, allestita al Museo Civico di Bassano del Grappa, è aperta già da un mese; a Venezia invece, alla Casa dei Tre Oci, alla Giudecca, è visitabile fino al 25 febbraio 2018 l’antologica su “Werner Bischof. Fotografie 1934 – 1954”.

USA. San Francisco, California. 1953. Golden Gate Bridge.
USA. San Francisco, California. 1953. Golden Gate Bridge.

Per gli appassionati di Fotografia, quella con la F maiuscola, un’occasione da non mancare.

Ai Tre Oci le immagini di Werner Bischof consentono al visitatore di ripercorrere le storie e i viaggi di uno dei pilastri della Magnum, dall’Europa che usciva devastata dal secondo conflitto mondiale, all’India stretta tra le carestie e la prima industrializzazione, dalla bellezza rarefatta della cultura giapponese agli orrori della guerra in Corea, e poi l’Indocina, le metropoli degli Stati Uniti, il Messico coi suoi siti archeologici, il Perù, le Ande.

Tutto sempre alla ricerca del fattore umano, rifuggendo lo scoop e indagando piuttosto le condizioni di vita della gente nelle pieghe della storia, ricercando la quotidianità del vivere anche nelle situazioni più dolorose. Dopo l’esplosione pop-psichedelica delle fotografie di David Lachapelle, la nuova mostra dei Tre Oci ci fa fare un salto indietro nel tempo, nel bianco e nero, nei reportage dell’età dell’oro del fotogiornalismo, tra più di 250 stampe “vintage” coeve dell’epoca in cui furono scattate, di piccolo formato; “originali” provenienti dall’archivio di Werner Bischof e scelti con cura dal figlio Marco – assieme al direttore dei Tre Oci Denis Curti – per questa esposizione veneziana che celebra anche i cento anni dalla nascita del fotografo svizzero. In una saletta al pianterreno trovano spazio le prime prove stilistiche di Bischof, realizzate per lo più in Svizzera: degli still-life quasi sospesi nel tempo, giochi di geometrie, paesaggi, dettagli del mondo naturale. Ma c’è anche “Tin soldiers”, una piccola foto che ricostruisce in studio, con dei soldatini di latta e del fuoco vero, un campo di battaglia: quasi una premonizione. Segue una prima parte di fotografie dedicate alla ricostruzione post bellica in Italia, tra Milano, Napoli, la Sardegna, Genova. Ci sono anche una serie di provini con annotazioni a margine o direttamente sulla foto: Bischof aveva un’attenzione quasi maniacale nei confronti delle proprie opere, un controllo assoluto che riguardava anche le didascalie.

A chiusura dell’esposizione, un altro omaggio all’Italia: una serie di 22 stampe inedite realizzate da Marco Bischof per l’occasione, scelte tra migliaia di provini scattati dal padre nella nostra penisola sempre negli anni Cinquanta.

 

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