Fotografia, LaChapelle irrompe a Venezia con la musa Pamela Anderson

VENEZIA. A Venezia arriva la fotografia la provocazione, l’ironia, i colori a tinte elettriche, il glamour, i pugni nello stomaco del fotografo David LaChapelle, che ai Tre Oci - con accanto l'amica-musa Pamela Anderson - ha aperto la propria mostra “Lost+Found”: un evento, tra arte, incontri con gli studenti e feste.
Lunedì, aula magna della sede Iuav ai Tolentini gremita per ascoltare il racconto della storia professionale e personale di uno dei più celebrati e controversi fotografi dei nostri tempi, l’americano David LaChapelle.
Una lezione in vista dell’attesissima inaugurazione di della mostra monografica dell’artista – la prima in assoluto a Venezia - presso la Casa dei Tre Oci, che abbraccerà l’intera carriera di un artista che si è equamente diviso tra gallerie, riviste e pubblicità su scala internazionale.
Alla presenza del rettore dello Iuav Alberto Ferlenga, e dopo l’introduzione del direttore del corso di Laurea magistrale di arti visive e moda Angela Vattese, LaChapelle ha preso la parola per raccontare la propria vita sin dall’inizio.
Figlio di una cittadina lituana emigrata negli States, gran lavoratrice e fautrice di un’educazione alimentare vegetariana, e di un padre molto devoto, LaChapelle matura sin da subito un interesse verso l’elemento divino che si muove sul doppio binario della teologia cristiana e dell’animismo naturalistico.
Trasferitosi a New York con la famiglia, abbandona la scuola a 15 anni perché vittima di bullismo: determinante, in quel peridodo della sua vita, il contatto con l’Accademia dell’Arte dove, dopo poco tempo, lascia gli studi pittorici in favore di quelli fotografici. Era l’East Village dei primi anni ’80, una vera fucina di talenti creativi nei campi delle arti visive, musicali e fotografiche che LaChapelle non esita definire «un paradiso».
«Giunse però il 1984 e con esso l’Aids - ha raccontato il fotografo - Tutto si trasformò in un inferno: molti miei amici morivano improvvisamente, e io stesso temevo di incontrare quel destino. Da lì il mio interesse verso le indagini metafisiche, incentrate molto sulla figura dell’angelo».

Poi, un duplice momento di svolta. Da una parte l’incontro con Andy Warhol gli consente di approfondire l’ambiente galleristico, dall’altra un contratto con la rivista Interview lo catapulta nel ricco e sfavillante mondo della moda, con campagne pubblicitarie che per vent’anni ha condotto per conto dei più grandi marchi internazionali, il tutto accompagnato dalle note di One di U2 e Mary J. Blige.
«Sono però arrivato a chiedermi: vero che in questi servizi spesso attaccavo con sarcasmo il consumismo, ma comunque non facevo anch’io direttamente parte di quella dimensione?» ha spiegato ancora l’artista.
E allora 11 anni fa l’inizio del terzo periodo della sua carriera di professionista e di vita, con il trasferimento alle Hawaii, l’apertura di una fattoria e l’avvio di un percorso creativo nuovamente mirato ad indagare il rapporto tra vita e morte, tra realtà mondana e sovrannaturale.
«Sono alla ricerca della rappresentazione del passaggio tra vita terrena e rinascita spirituale. D’altra parte Walt Whitman diceva: “Perché dovremmo avere paura di morire se non abbiamo avuto paura di nascere?».
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