Acqua alta a Venezia: verso il punto di non ritorno climatico, i ghiacci si sciolgono e il mare si alza

Tutte le conseguenze del cambiamento del pianeta e il rapporto molto stretto con l’attività umana. L’Europa settentrionale diventa più umida, con alluvioni invernali 
Emanuele Poli
17/11/19 Milano, Acqua alta a Venezia
17/11/19 Milano, Acqua alta a Venezia

VENEZIA. L’innalzamento del livello del mare è un fenomeno causato in gran parte dallo scioglimento dei ghiacci continentali in Groenlandia, Canada e Antartide e anche dal riscaldamento della superficie degli oceani che dilata la massa d’acqua. La gran parte degli scienziati e degli studiosi del settore concordano che a monte di tutto questo processo vi sia l’aumento della temperatura media del pianeta, il cosiddetto riscaldamento globale, tuttavia non c’è accordo sulla dimensione del fenomeno e su quando raggiungerà il massimo livello se vengono mantenute le condizioni attuali.

Vi sono studi e ricerche che, basandosi sugli scenari ipotizzati dall’ “Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc)”, suppongono un aumento del livello del mare fino a due metri entro il 2100; la Nasa invece, in base ad altre simulazioni, ritiene che il livello del mare salirà meno di 90 centimetri di qui a fine secolo.

I due fenomeni, quello dell’innalzamento del livello del mare e quello dello scioglimento dei ghiacci, sono strettamente correlati e si influenzano a vicenda: il ghiacciaio si scioglie e aumenta il livello del mare, a sua volta il maggiore livello fa sciogliere più in fretta i ghiacciai costieri.

Questo perché con un livello del mare più alto, l’acqua si infiltra al di sotto dei ghiacciai, che in questo modo si sciolgono ancora più rapidamente. Per la Nasa, questo processo rallenterebbe lo scioglimento dei ghiacciai perché, quando l’acqua si infiltra al di sotto di una lastra di ghiaccio, il terreno sottostante, libero dal peso del ghiaccio, si solleva e così facendo torna ad aderire alla base del ghiacciaio e a sua volta ne interrompe l’infiltrazione stessa.

Anche se quest’ultima teoria fosse tuttavia corretta, lo scioglimento dei ghiacci continuerebbe e il rapporto tra l’attività umana e il cambiamento del pianeta è molto stretto.

La questione è anche più complicata di quello che può sembrare, infatti, se si arrestassero oggi le emissioni di gas serra, più di un terzo dei ghiacciai del mondo si scioglierebbe comunque, perché questi rispondono in maniera lenta ai cambiamenti climatici. Gli scenari apocalittici che si prospettano, saranno certamente possibili solo in alcune migliaia di anni ma la temperatura globale è in continuo e perpetuo aumento: secondo il rapporto “Ipcc” la temperatura media globale del pianeta aumenta di 0.2 gradi centigradi ogni decennio a causa delle attività dell’uomo.

Restano quindi circa 12 anni per mantenersi sotto il limite di +1.5 gradi di riscaldamento globale fissato con gli Accordi di Parigi (Cop 21, 2015), anche solo mezzo grado in più comporterebbe conseguenze devastanti per i ghiacci e per gli oceani. A +1.5 gradi la popolazione esposta all’innalzamento del livello del mare sarebbe inferiore del 50% rispetto alla situazione che si configurerebbe con un aumento di +2 gradi: se si arrivasse alla soglia dei due gradi il livello del mare aumenterebbe di 10 centimetri entro il 2100, rimanendo a +1.5 gradi ci sarebbero circa 10 milioni di persone in meno coinvolte in minacce alle aree costiere e insulari. Inoltre con un aumento oltre la soglia fissata dagli stessi accordi, l’acidità dei mari aumenterebbe e si perderebbero ben 3 milioni di tonnellate di pesce e sparirebbero totalmente i coralli.

In conseguenza di ciò, nell’Europa centro-meridionale si registrano sempre più sovente ondate di calore, incendi forestali e siccità più costanti. Il Mediterraneo si sta trasformando in una regione arida, il che lo rende ancora più vulnerabile di fronte alla siccità e agli incendi boschivi.

L’Europa settentrionale sta diventando molto più umida e le alluvioni invernali e l’innalzamento del livello dei mari, potrebbero diventare un fenomeno ricorrente, perché più esposta… e purtroppo come sovente accade, le zone urbane non sono preparate per mitigare e adattarsi ai cambiamenti climatici! I danni alle case, alle infrastrutture e alla salute umana impongono elevati costi alla società e all’economia. Nel nostro Paese, negli ultimi 35-40 anni, gli eventi meteorologici e climatici estremi hanno provocato perdite economiche per 433 miliardi di euro, colpendo agricoltura, silvicoltura, energia e turismo. Regioni che hanno chiesto lo stato di calamità naturale.

C’è bisogno quindi di una coscienza geografica sempre maggiore per promuovere una cultura e un’azione della sostenibilità e di contrasto al fenomeno del “climate change”: è tempo di azioni efficaci, pragmatiche, determinate, partecipate, che catalizzino riflessione e consapevolezza nelle persone. —
 

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