Zoppas: trend favorevole, sfruttiamolo

Il presidente di Confindustria Venezia: «Il calo di euro e petrolio ci aiuta, ora dobbiamo eliminare la zavorra burocrazia»
Di Alberto Vitucci

di ALBERTO VITUCCI

L’economia veneziana è in salute. Si sta riprendendo dalla crisi, e la congiuntura adesso è favorevole. Ma se non si faranno in fretta le riforme, il trend finirà presto. E la crisi tornerà a colpire. Matteo Zoppas, imprenditore quarantenne amministratore delegato della San Benedetto, è da un anno e mezzo presidente degli Industriali veneziani. Traccia un quadro dell’imprenditoria veneziana del terzo millennio. Una realtà profondamente modificata rispetto a qualche decennio fa, con la crisi di Porto Marghera e della grande industria. Ma fermenti nuovi, anche legati all’innovazione, che lasciano ben sperare.

Presidente Zoppas, anche nel Veneziano ci sono realtà economiche in salute che sfidano la crisi?

«Altroché. Quando parliamo di industria veneziana non possiamo limitarci all’isola e alle isolette, dove comunque resistono eccellenze a livello internazionale come il vetro e i merletti. Dobbiamo pensare a un territorio vasto, che mantiene forti alcune eccellenze come nel settore calzaturiero e alimentare. Marchi che si sono imposti anche nei mercati internazionali e non hanno risentito della crisi, che ha colpito invece le produzioni medio basse. Insomma, chi ha puntato sulla qualità e ha investito per tempo adesso raccoglie i frutti».

Ma anche settori di punta segnano il passo, il vetro in testa. C’è concorrenza sleale? La produzione di qualità è sufficientemente tutelata?

«Concorrenza sleale non direi. Il mercato funziona così, anch’io al posto dei concorrenti lo farei. Abbiamo cercato di tutelare le produzioni di qualità con il marchio. Ma le nostre imprese hanno vincoli pesanti: gli sgravi che adesso dovrebbero restituire, il costo dell’energia, la burocrazia».

Nonostante questo, lei dice, l’economia tiene.

«C’è una grande vitalità. E il mercato premia chi fa gli investimenti giusti. Vediamo i risultati ottenuti in alcuni comparti come il vetro, la pasta e il dolciario, il tessile, l’abbigliamento. Una strategìa di impresa che va verso l’innovazione. È quello che chiedono i clienti. In particolare nell’abbigliamento: nello slowwear le nostre aziende sono molto quotate».

La crisi sta passando.

«Dobbiamo dire che la situazione generale è migliorata. Il costo del petrolio diminuito, il cambio euro dollaro. Insomma, lo scenario macro è positivo. Ma questo non deve farci rallentare sulla strada delle riforme. Se perdiamo questa occasione la crisi si ripresenterà pari pari fra due anni».

Cosa intende per riforme?

«Intanto la burocrazia. Non è possibile che all’estero ci vogliano tredici giorni per ottenere un permesso dal Comune, qui la media nel Veneto è di otto mesi. I tempi, e poi il credito: servono facilitazioni per le imprese e per le nuove realtà. Poi bisogna cercare di non fermare subito i nuovi progetti che portano ricchezza, sulla base di pregiudizi o di norme che non esistono».

A cosa si riferisce?

«Ma per esempio alla vicenda del Palais Lumiere. Un caso emblematico. Lì c’erano i finanziamenti, tutti erano d’accordo. Si è detto di no sulla base di una norma che non esisteva».

Altri esempi?

«Le grandi navi. Si sta discutendo da anni su come togliere le navi da San Marco. Io non sono un tecnico e non ho soluzioni. Ma le compagnie delle crociere non possono aspettare all’infinto, tra un mese faranno i programmi per la stagione 2015. Se non hanno certezze se ne vanno. Non possiamo rinunciare alla ricchezza e a 5 mila posti di lavoro».

Poi c’è Marghera. Della bonifica di Marghera si sente parlare da vent’anni.

«Siamo più o meno allo stesso punto. Anche se l’ultimo accordo apre qualche possibilità in più. Ma il problema è sempre lo stesso: perché il riutilizzo dell’ex area industriale possa decollare occorre non soltanto che sia fatta la bonifica, ma che siano date certezze agli imprenditori interessati. E che i tempi e i costi siano del tutto certi».

La storia delle bonifiche è anche finita nell’inchiesta del Mose. Non se ne esce?

«Bisogna voltare pagina, nella chiarezza e nella trasparenza. Le attuali normative non sono un aiuto ma un vincolo insuperabile per l’insediamento di nuove attività economiche a Marghera».

Porto e aeroporto.

«Una ricchezza per il territorio. L’aeroporto con la gestione dei privati si è allargato ed è diventato il terzo in Italia. Ha ancora molte potenzialità, non dobbiamo opporci allo sviluppo. Così per le crociere e per il porto».

Ci sono anche dei problemi ambientali e di compatibilità.

«Naturalmente bisogna tenerne conto. Ma non possiamo frenare i progetti di sviluppo o rinunciare a eccellenze che abbiamo».

Si è detto che l’imprenditoria veneziana è stata spesso assistita, abituata ad avere le risorse garantite.

«Non direi. Certo chi opera a Venezia può sfruttare il brand di questa città unica al mondo. Proprio per questo ha interesse a operare bene, anche nel settore dell’impatto ambientale».

Nel campo di green economy ancora non si è fatto molto.

«Qualcosa si sta facendo, con riduzione delle emissioni di Co2, ricerca, start up».

Insomma, la crisi è alle spalle.

«Ripeto, il trend è favorevole. Ma se non si interviene sulla burocrazia, torneremo presto all’emergenza».

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