Zaia: «Siamo pronti a raccogliere i fondi per il referendum»

CITTADELLA. Stavolta è lui, il senatore Roberto Calderoli, «vittima di macumba», che si lancia in una profezia. «Luca, è l’ultima volta che voglio presentarti come governatore. La prossima devi essere il presidente dello Stato veneto». Su Cittadella soffia un vento scozzese. Zaia raccoglie l’invito e infiamma la platea di piazza Pierobon, mentre dal fondo della piazza arriva il grido «secessione, secessione». «In settimana», annuncia l’ex ministro delle Politiche agricole, «chiuderemo la partita del conto per il finanziamento del referendum. Quello del fondo non è un problema, lo abbiamo affrontato con i gruppi indipendentisti. Se ci fossero 14 milioni di euro offerti da qualche privato lo faremmo subito. La Scozia ha dimostrato che il referendum è legale, questa sarà la base giuridica del nostro ricorso. Andremo a Roma a difendere fino in fondo le nostre due leggi referendarie. È da repubblica delle banane pensare che i borboni di Roma applicano la dittatura della Corona inglese, che ha permesso agli scozzesi di esprimersi».
Conferma Matteo Salvini, segretario federale del Carroccio: «Non penso che aspetteremo quello che arriva da Roma. La Scozia insegna; il Veneto voterà il referendum. Gli scozzesi sono arrivati a votare dopo 300 anni di battaglia, noi speriamo di mettercene meno. Ma questo vale anche per Lombardia, Salento, Calabria e Sardegna». Un invito a Zaia ad andare avanti verso il referendum arriva anche da Flavio Tosi, sindaco di Verona e segretario della Liga Veneta: «Bisogna proseguire nella direzione della creazione di un fondo per raccogliere risorse private. La legge non prevede fondi pubblici. La Corte Costituzionale si può pronunciare in tre mesi o in sei anni. Luca, vai avanti, e poi se da Roma qualcuno avrà l’ardire d’impedire alla gente di esprimersi con i soldi propri, usando fondi privati, voglio vedere che imputazione verrebbe data se anche ci fosse un diniego della Consulta».
Il sottofondo di cornamuse entusiasma Roberto Maroni. «Anche nel nostro consiglio regionale la legge per il referendum è già stata presentata», dice il governatore della Lombardia, «ma serve una maggioranza qualificata dei due terzi, che va oltre quella su cui io posso contare. Pertanto dovremo convincere anche un pezzo di opposizione a votarci». Intanto Maroni gongola per l’invito al Forum mondiale sul clima dell’Onu, al quale interverrà come “presidente del Governo della Lombardia”». Umberto Bossi, padre fondatore della Padania, chiosa: «Voi siete veneti, avete il diritto alla libertà». Il referendum, sottolinea Zaia, è l’altra faccia dello «stop all’invasione». «Non accetteremo più che i nostri imprenditori sopportino una pressione fiscale del 68%. Non accetteremo che i nostri concorsi siano presi d’assalto da chi viene da fuori Veneto. Non vogliamo che le case popolari siano date ai non veneti. I 21 miliardi di euro che paghiamo a Roma sono più che sufficienti a dire: “State fuori dalle palle”. Roma ci dà a volontà soltanto immigrati. Bene, noi ne abbiamo accolti 500.000, che in larga parte si sono integrati. Ma adesso vi dico che qui non c’è più spazio per nessuno; e non siamo razzisti». Il sindaco di Padova Massimo Bitonci non interviene: «Per una volta faccio il semplice militante».
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