Zacchello, un passivo di 200 milioni

Le due società di navigazione che fanno capo all’ex presidente dell’Autorità portuale Giancarlo Zacchello, la «Motia Compagnia di Navigazione» e la «Minos società di navigazione», entrambe con sede in viale Vespucci a Mestre, hanno chiesto e ottenuto dai giudici del Tribunale di Venezia il via libera per la ristrutturazione del debito, una procedura prevista dalla legge il concordato preventivo che permette ai titolari di bloccare qualsiasi richiesta di provvedimenti esecutivi. Il Gruppo Zacchello ha un passivo di oltre 200 milioni di euro e la mossa di ricorrere ai giudici è stata messa in campo per bloccare le azioni che soprattutto le banche, ma non solo loro, avrebbero potuto mettere in cantiere per rientrare dei loro debiti, in questo modo invece Zacchello si è messo al riparo da pignoramenti e sequestri.
Infatti, la norma prevede che il debitore che versa in uno stato di sovraindebitamento può proporre un concordato di ristrutturazione del debito ai propri creditori, presentando un piano che assicuri il regolare pagamento dei creditori estranei all’accordo ed i titolari di crediti privilegiati, completo di scadenze e modalità di pagamento. Una volta verificati i requisiti, il giudice fisserà l’udienza tramite decreto, dando comunicazione ai creditori e disponendo che non possano, per non oltre centoventi giorni, essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali né disposti sequestri conservativi né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore che ha presentato la proposta di accordo, da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore. Una volta che i creditori comunicano, tramite dichiarazione sottoscritta, il proprio consenso alla proposta questa può essere accettata e omologata solo se l’accordo è stato raggiunto con i creditori rappresentanti almeno il 70 per cento dei crediti.
Zacchello è stato uno dei maggiori armatori veneziani, basta dire che la «Motia» dispone di ben undici navi cisterna per il trasporto di prodotti petroliferi e chimici, ma il gruppo era in cattive acque già nel 2011, quando il nipote di Giancarlo, Antonio è entrato in difficoltà con le sue compagnie. Royal bank of Scotland e Crédit Agricole avevano in quell’anno aperto una guerra legale negli Usa per sospendere il Chapter 11 (sorta di procedura fallimentare simile alla nostra amministrazione controllata), concesso a quattro sue società olandesi - Marco Polo Seatrade, Seaarland Shipping, Magellano Marine e Cargoship Maritime - e rientrare di 200 milioni di dollari di crediti concessi. Le due banche avevano chiesto ai giudici statunitensi di sospendere il regime di protezione concesso con il Chapter 11, regime che l'armatore aveva messo in atto proprio per mettere gli asset delle società al riparo della rivalsa delle banche. Queste invece avevano chiesto al giudice di sospenderlo motivando la richiesta con il fatto che le società coinvolte non avevano presentato un valido piano di ristrutturazione e, essendo di diritto olandese, non avevano alcun collegamento diretto con gli Stati Uniti. La crisi colpisce dunque anche nel settore della marineria: proprio pochi giorni fa il Tribunale civile di Venezia presieduto dal giudice Roberto Simone aveva dato il via libera al concordato preventivo di una delle maggiori società che opera all'interno del porto commerciale veneziano, il Centro intermodale Adriatico, e di altre 5 srl ad essa collegate, che facevano capo a Ennio De Vecchi.
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