Vongole e mitili, tre veterinari e due tecnici dell’Asl 12 nei guai
Vongole e mitili che finivano sui banchi dei mercati del pesce di mezza Italia provenienti dai numerosi allevamenti della laguna non sarebbero stati controllati dal punto di vista sanitario, come invece prevede la legge. Così il pubblico ministero Giorgio Gava si appresta a chiedere il rinvio a giudizio per falso ideologico dopo aver depositato gli atti, chiudendo l’inchiesta, nei confronti di tre veterinari e due tecnici di laboratorio del Servizio veterinario dell’Asl 12. Poi la parola passerà al giudice dell’udienza preliminare.Nell’ambito di questa struttura, esiste un ufficio che si occupa proprio della molluschicoltura, che nella laguna di Venezia è molto sviluppata. Da almeno trenta anni, cono infatti numerosi gli allevamenti di mitili nell’area che va dagli Alberoni a Santa Maria del Mare da un lato e nell’area di Punta Sabbion-Cavallino dall’altro. Da una decina di anni, da quando le autorità hanno posto un freno alla raccolta indiscriminata delle vongole veraci, sono state date in concessione ai pescatori - trasformati in allevatori - vaste aree in cui seminare e raccolgiere i caparozzoli. A Chioggia, a Pellestrina e al Cavallino sono sorti di conseguenza numerosi centri di stabulazione, dove i molluschi vengono depositati e depurati per tre giorni prima della commercializzazione. Un business che dà lavoro a centinaia di persone e che deve sottostare a regole precise, come del resto tutto ciò che riguarda l’alimentazione.
La normativa, in particolare, prevede che i veterinari dell’Asl periodicamente compiano prelievi di campioni di vongole e mitili di ogni allevamento, campionature che devono essere eseguite a varie profondità e latitudini. Trasferiti i molluschi in laboratorio devono essere esaminati in modo da studiare lo stato d’inquinamento delle acque in cui crescono e naturalmente del prodotto. Sono i veterinari che devono recarsi negli allevamenti per prelevare i campioni. Stando, invece, alle indagini della Sezione navale della Guardia di finanza, erano gli allevatori a consegnare vongole veraci e mitili ai laboratori, in questo modo i vetererinari dell’Asl 12 non avevano la certezza della provenienza dei molluschi che i tecnici del laboratorio poi esaminavano. Gli accertamenti sono scattati, grazie ad una segnalazione giunta in Procura, nel luglio dello scorso anno, e le fiamme gialle hanno monitorato gli indagati per tre mesi, fino all’ottobre 2012, provando con fotografie e video che almeno cento campionature non sarebbe state eseguite secondo le norme. Agli atti vi sarebbero anche riprese video, fatte sia agli Alberoni sia a Punta Sabbioni, in cui si vedono gli allevatori che consegnato ai veterinari i molluschi da analizzare. Naturalmente le «fiamme gialle» non erano sul posto per caso, ma avevano seguito i sanitari dell’Asl 12, dopo aver intercettato le telefonate tra loro e gli allevatori, chiamate fatte per prendere gli accordi.
In questo modo, la legge viene aggirata: non c’è più, infatti, il controllo sui moluschi che vengono commercializzati. Ma soprattutto manca la conoscenza dello stato di salute delle acque della laguna, non avendo il controllo diretto sulla provenienza dei molluschi, difficile stabilire se e dove l’inquinamento è maggiore o minore. L’autorità sanitaria non ha più il polso della situazione della lagune e neppure se ne accorge.
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