«Voleva uccidere il barista per vendicarsi dello spritz»
Con i poliziotti che l’hanno fermato un’ora e mezza dopo la sparatoria si è dimostrato sprezzante - «non ho mica la pistola, non potete accusarmi» - ma per la Squadra mobile, nonostante l’arma non sia stata trovata, ci sono pochi dubbi sul fatto che sia stato proprio lui, Alessandro Pellegrini, 36 anni, ad aver sparato due colpi di pistola, con l’intento di ucciderlo, contro il barista Amir Nadi, 34 anni, egiziano, del bar “Collo Modì” di via Garibaldi a Castello alle 12.30 di martedì.
I poliziotti sono arrivati a Pellegrini grazie alla testimonianza di chi l’ha riconosciuto - era un cliente abituale e bazzicava in molti locali della via - nonostante il tentativo un po’ goffo di travisarsi con un cappello simile a un “Panama” e una sciarpa rosso mattone. Pellegrini, detto “Il Pele” ex sostituto gondoliere e da tre anni senza un lavoro è un volto noto negli uffici della questura veneziana. Lo scorso 23 marzo era già stato denunciato dagli uomini del commissariato di San Marco per il possesso di una pistola semi-automatica - lo stesso tipo di quella usata per l’agguato di Castello - che risultava essere stata smarrita nel Lazio, e nelle ore delle indagini è stato anche ricostruito che era solito andare in giro per Venezia con l’arma nascosta in una sorta di marsupio che portava sempre con sé, stretto in vita. Almeno un paio di persone hanno spiegato di essere state minacciate proprio con la pistola, senza reali motivi, alla fine di agosto, nell’area di via Garibaldi e del tribunale, a Rialto, dove lo si vedeva più spesso. Separato, abitava solo, e ha precedenti per reati contro la persona e il patrimonio. Dopo essere intervenuti per la sparatoria i poliziotti lo hanno aspettato in uno dei due appartamenti nella sua disponibilità, e l’hanno preso alle 14.20 mentre con il barchino, visibilmente alterato dall’alcol, stava rientrando a casa, al civico 784/h di Castello, vestito con gli stessi abiti che aveva indossato durante la sparatoria. Pochi dubbi sul fatto che volesse uccidere il barista, per vendicare lo sgarro che riteneva di aver subito in mattinata quando era stato rimproverato per un bicchiere di spritz che aveva rovesciato, e che il barista gli aveva messo in conto, obbligandolo a pagare quello rovesciato, e anche quello bevuto. Dopo averlo minacciato Pellegrini è uscito, è andato a recuperare la pistola, e circa un’ora dopo è rientrato nel locale, puntando la sua pistola cromata contro Amir, dietro il bancone. All’interno del locale c’erano anche una giovane cameriera moldava, il proprietario del locale, Majed “Mimì” Ibrahim, e un cliente che stava bevendo un caffè. L’aggressore, senza dire nulla, ha puntato l’arma contro il barista: proiettili calibro 6.35 scaricati uno dopo l’altro con un tipo di pistola che ha un caricatore con 7 o 8 colpi. Il primo colpo è finito contro una riproduzione del quadro “Jeanne Hebuterne con cappello”, di Modigliani, forse perché Pellegrini, come si dice in gergo, ha “strappato”, facendo un movimento troppo netto con l’indice, inclinando la pistola, mentre il secondo si è conficcato, rimanendo sotto pelle, sullo zigomo sinistro di Amir che ha cercato di ripararsi nascondendosi sotto il bancone: se il proiettile lo avesse centrato pochi millimetri più a destra sarebbe morto. Per certificare che sia stato proprio il 36enne a sparare è stato predisposto anche l’esame dello stub, per verificare la presenza di metalli riconducibili alla pistola sui suoi vestiti, mentre la polizia è anche in attesa degli esami medici per capire se avesse solo bevuto oltre il limite o avesse assunto qualche sostanza stupefacente. Pellegrini, con l’accorso del pubblico ministero Giorgio Gava, è stata portato in carcere a Santa Maria Maggiore, arrestato con l’accusa di tentato omicidio pluri-aggravato. Venerdì sarà interrogato per la convalida. Stabili le condizioni di Amir Nedi, ricoverato all’ospedale Dell’Angelo di Mestre: nelle prossime ore i medici decideranno se operarlo o meno.
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