«Voleva la libertà ma mi chiedeva soldi»

Resta in carcere Antonio Ascione, il pizzaiolo che ha ammazzato a coltellate in un raptus l’ex consorte Maria Archetta
MORSEGO - DINO TOMMASELLA - MUSILE DI P. - DELITTO MENELLA/ASCIONE - FOTO DAL FACEBOOK DI MARIA ARCHETTA MENELLA E ASCIONE ANTONIO
MORSEGO - DINO TOMMASELLA - MUSILE DI P. - DELITTO MENELLA/ASCIONE - FOTO DAL FACEBOOK DI MARIA ARCHETTA MENELLA E ASCIONE ANTONIO
VENEZIA. Alcune frequentazioni, un paio in particolare, con i colleghi di lavoro dell’Outlet di Noventa. Uomini giovani, con cui Maria Archetta Mennella, per tutti Mariarca, commessa 38enne, si trovava bene. Così come si trovava bene con le amiche che aveva conosciuto all’Outlet. Frequentazioni che Antonio Ascione, pizzaiolo di 44 anni, per 15 marito di Mariarca, non approvava. Un crescendo di gelosia misto a un atteggiamento punitivo che ha portato Ascione a perdere la testa, uccidendo a coltellate la madre dei suoi due figli, all’alba di domenica. Lo ha raccontato l’uomo ieri davanti alla gip Roberta Marchiori, assistito dal suo legale, l’avvocato Isabella Fiorio. Un interrogatorio ampio, sul solco delle dichiarazioni rilasciate da Ascione domenica davanti al pm Raffaele Incardona.


Resta in carcere.
L’accusa formulata a carico del pizzaiolo è di omicidio volontario aggravato dalla relazione coniugale e dai motivi futili. La gip ha riqualificato l’aggravante dopo che il pm aveva formulato il capo d’imputazione evidenziando invece i motivi abietti. Ascione resta in carcere a Santa Maria Maggiore, come chiesto dal rappresentante della Procura: è un uomo pericoloso, secondo la gip, tenuto conto del reato commesso e dell’assenza di consapevolezza del proprio errore, e per questo merita la misura cautelare massima, il carcere appunto. Il fermo (che presuppone il pericolo di fuga) è stato mutato in arresto, che è stato convalidato dal gip. Tra gli elementi a carico di Ascione, il fatto che abbia chiamato lui stesso il 112 per costituirsi e che ai carabinieri abbia mostrato sia il coltello utilizzato, sia i suoi pantaloncini sporchi di sangue che si era cambiato.


I contrasti.
Ascione ha raccontato delle difficoltà nel rapporto dopo la separazione che risale a più di un anno fa. Di quella che era stata la “sua” Mariarca, Antonio ha riferito di non sopportare l’atteggiamento “altalenante”: «Contemporaneamente da un lato voleva la libertà propria di una donna separata e teneva quindi un atteggiamento conseguente e dall’altro mi chiedeva un aiuto economico», avrebbe detto Ascione. Cinquecento euro al mese per il mantenimento dei figli e poi l’auto nuova che, si è appreso nelle scorse ore, era una sorta di “pagamento” dell’ospitalità nell’appartamento di via Dante 11 a Musile che Mariarca stava offrendo all’ex consorte da due settimane.


Le ore precedenti al delitto.
Il pizzaiolo ha ricostruito davanti al gip le ore e i fatti precedenti all’omicidio. Dal litigio nella tarda serata di sabato perché Mariarca si era rifiutata di andare a prendere Antonio a Jesolo, al termine del turno di lavoro alla pizzeria “Cucinamia”, fino alla visione degli sms nel cellulare della donna. Messaggini, questi, nei quali sarebbe stata evidente la volontà della 38enne di rifarsi una vita lontano dall’ex marito. Secondo quanto riferito da Ascione, sarebbe stata la stessa Mariarca a dirgli di prendere lo smartphone e leggere quelle chat. Una versione, questa, tutta da verificare. Di certo c’è che quegli sms che Ascione ha letto nella notte tra sabato e domenica gli hanno fatto perdere la testa.


Consulenza e autopsia.
Proprio sugli smartphone sequestrati dai carabinieri - quelli di Mariarca e di Antonio - il pm Incardona farà svolgere una consulenza alla ricerca di elementi e spunti d’indagine. Domani, intanto, è fissata l’autopsia sulla salma della commessa. Ad eseguirla, il medico legale Cristina Mazzarollo. La difesa dell’omicida ed i familiari di Mariarca, che si sono affidati a Studio 3A, potranno nominare i propri consulenti.


«Un uomo provato».
Il difensore Isabella Fiorio parla di un uomo distrutto, che piange per Mariarca e al pensiero dei figli, che ripete di averle voluto bene. E che al momento del delitto ha avuto un «annebbiamento». Quando è tornato in sé, ha chiamato il 112: «Ho ucciso mia moglie».


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