«Voglio ritrovare mio fratello per dargli un degno funerale»

A un anno dalla scomparsa  Adriano Duse la sorella Cristina si pone tante domande. Un giallo che è rimasto senza soluzione
MAERNE. «Vorrei riportare a casa mio fratello per potergli dare un degno funerale». Sono le parole di Cristina Duse, sorella dell’educatore di Maerne Adriano Duse, a un anno dalla scomparsa. Quella domenica 8 maggio l’uomo, all’epoca 42enne, non è più tornato a casa dopo aver trascorso alcuedelle ore tra le montagne nella Valcellina, nel Pordenonese. 
 
Domande. La sorella vorrebbe dargli un posto dove poterlo piangere e, aggiungiamo noi, anche per fare chiarezza su una vicenda che ancora ha tante risposte da dare. In questi giorni anche il sindaco Monica Barbiero ha provato a capire se ci sono novità ma le risposte non sono state incoraggianti.
Adriano Duse in una foto fatta poco prima della scomparsa
Adriano Duse in una foto fatta poco prima della scomparsa
 
Scomparso.  «Di recente ho parlato con gli uomini del soccorso alpino della zona», rivela Cristina Duse, «ma anche le ricerche nei mesi successivi sono andate a vuoto. Le forze dell’ordine hanno controllato i tabulati telefonici, ma non è stato trovato qualcosa. Così come le operazioni bancarie: tutto in regola». E dunque cosa può essere avvenuto? È la domanda chiave in questi dodici mesi, ma, al momento, la risposta accreditata è il malore o l’incidente, con il corpo finito in un punto divenuto irraggiungibile per tutti. «Non era in depressione», continua la donna, «ed è impossibile che potesse fuggire, essendo solo e non avendo né compagna né figli».
 
Riservato.  Tranquillo, riservato, amante della montagna, Duse conosceva bene la Val Cimoliana per esserci andato molte volte in passato. E, soprattutto, dalla famiglia e dagli amici non è mai stato considerato uno sprovveduto, uno che s’imbatteva in chissà quali percorsi o finisse in mezzo ai pericoli. Dal posto dove Duse ha lasciato la sua macchina, ritrovata la stessa domenica della scomparsa, partono molti sentieri e l’uomo potrebbe essere andato ovunque; inoltre non si sa neppure quanto tragitto possa aver compiuto e questo non ha agevolato il compito di chi lo ha cercato per giorni. E questo ha reso le indagini più difficili, allargando di molto la superficie da perlustrare. A metà giugno dello scorso anno era stata fatta anche un’esercitazione dei soccorritori, con tanto di elicotteri per osservare un raggio il più ampio possibile e si confidava anche nei giri dei turisti dell’estate e dell’autunno: tutto inutile. Come quanto avvenuto nei mesi successivi. 
©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia