Vive in auto al freddo chiede una casa e un lavoro stabile
Si chiama Daniele Rossi e ha 55 anni. Anche lui adesso vive in auto, una vecchia Bmw, in compagnia del suo cagnolino. Purtroppo non è il solo a San Donà di Piave.
Ieri si è seduto davanti all’ufficio protocollo e ha chiesto una casa al Comune, un luogo in cui vivere per non restare al gelo nell’abitacolo di un’auto anche a Natale. Sono stati chiamati gli agenti della polizia locale, ma lui non ha compiuto alcun reato. È rimasto per l’ennesima mattinata seduto a chiedere una casa.
Fino a poco tempo fa era ospite nella casa gestita dalla croce rossa e messa a disposizione dal Comune nella ex abitazione del custode dello stadio di calcio. Una soluzione per i casi di emergenza. «Ero con altre quattro persone», racconta Daniele, «e fumavano tutti. Io non bevo e non fumo, ho fatto notare che non è giusto fumare in una casa oltretutto non di proprietà, ma in cui si è ospitati. Sono iniziati gli scontri e le tensioni. Poi mi è stato detto da Croce Rossa e Comune che devo trovare un lavoro stabile per poter restare in quella soluzione abitativa. Ma io ho 55 anni, solo con la bella stagione riesco a trovare qualche lavoro saltuario nella cura del verde e dei giardini. Un lavoro stabile per me che sono solo e non ho conoscenze è praticamente impossibile se il Comune non mi aiuta».
Il freddo dell’inverno adesso è diventato insopportabile. «Vivo in auto», dice, «non ho altro luogo in cui andare. Solo con il mio cane, ma adesso non ce la faccio più a vivere in queste condizioni, sotto zero, di notte. Sarò qui in Comune tutti i giorni, senza disturbare nessuno, ma a chiedere di essere aiutato». Un altro difficile caso di nuova povertà che purtroppo affligge soprattutto persone di mezza età.
Uomini e donne senza lavoro e rimaste improvvisamente disoccupate per la crisi a 50 anni, con parenti che non li aiutano, famiglie disgregate. Non hanno più case, lavoro, soldi, affetti. Una condizione in cui potrebbe trovarsi chiunque di questi tempi. Ma la povertà spesso fa paura anche solo a guardarla. Dovrebbero essere le istituzioni a trovare le soluzioni in questi casi. Solo che le graduatorie per le case popolari sono lunghe, c’è penuria di abitazioni e anche le risorse per i servizi sociali sono assottigliate. Il Comune spende circa 400 mila euro all’anno, mentre gli sfratti sono sestuplicati proprio per inadempienza nei pagamenti.
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