Vip alla Biennale: Di Caprio uomo in fuga, rissa con i fotografi
VENEZIA. Leonardo di Caprio di umore perfido che si fa accompagnare dalla mamma e schifa i fotografi. Richard Gere che si scusa, sorry, ma sta girando un film a Hollywood e proprio non ce la fa a venire. Tilda Swinton che va a vedere la Biennale in vaporetto. La Swinton tra i peones della linea 1? «Possibile, con Tilda tutto è possibile» chiosa il presidente di Venetian Heritage, Toto Bergamo Rossi, che ospita l’attrice a Palazzo Gradenigo, ne anticipa ogni stravaganza ma non è in grado di divinare le sue mosse perché, si sa, Tilda è così.
Anche Di Caprio è così. Così mal vestito da sembrare il suo giardiniere, così sospettoso da circondarsi di sosia, così ingrato verso le sue adoratrici da scappare come se avesse il culetto in fiamme. Ma il meglio, in questi giorni di Biennale, l’ha riservato ai fotografi. Venerdì sera, dopo la terza cena consecutiva all’Harry’s bar a base di granchio dell’Alaska in compagnia di mamma, produttore e agente, Di Caprio si è prodotto in un numero da piccolo Gatsby. Alla vista di un fotografo è scappato come una lepre mentre le sue guardie del corpo spintonavano e minacciavano il reporter. Una corsa fino in Piazza San Marco, una levata di ombrelli per proteggerlo dai flash, un primo salto nella hall del Bauer, un secondo dentro un taxi che l’ha portato chissà dove. A Palazzo Pisani Moretta, pare, e poi ad accompagnare la mamma fino all’hotel Cipriani, ’night mum, e poi ancora a bordo di uno degli yatch ormeggiati a Punta della Dogana dove Di Caprio avrebbe scelto di dormire per avere - diciamo - più privacy, per quanta privacy sia concessa in laguna nella settimana della Biennale, quando la più anonima che gira per le calli è Afef.
Chi ne ha viste molte dice che di Biennali così sfarzose e festanti se ne sono viste poche e di così meteorologicamente avverse nemmeno una. Tranne ieri mattina, quando tre, quattro raggi di sole hanno finalmente fatto uscire i cappottini estivi che fremevano negli armadi. I più cool erano tutti lì, nella chiesa di San Salvador, per l’inaugurazione delle sale del Tesoro resa possibile da Venetian Heritage con il supporto di Louis Vuitton. No, Tilda Swinton non c’era (era in battello) però la sera ha brillato in Vionnet – main sponsor dell’evento - a Palazzo Grimani dove ha ricevuto il “Venetian Heritage Aeard”. Red carpet per Goga Ashkenazi, Luca e Veronica Marzotto, Luigino e Roberta Rossi, i principi di Kent, Fiona Swarovski, Marina Cicogna, l’arciduchessa Francesca d’Asburgo Tyssen Bornemisza e altri 250 amici del comitato di salvaguardia. E non era nemmeno l’ultimo. A Ca’ Rezzonico, nella stessa sera e alla stessa ora, Franca Coin riceveva gli ospiti per il concerto di Giovanni Sollima e la sua Missione Fortuny con i principi Alliata, Giustina Destro, i Corneliani, Diego von Buch e Liliana Innocenti.
Tutti gli altri sono stati costretti a strapparsi gli invitati perché per il finale di Biennale, per il sabato grasso di questa folle giostra di cultura e mondanità, tutti hanno invitato tutti. Dinner a bordo del Blue Force One dove per l’intera giornata sono state scaricate casse di pesce a champagne. Festa a PalazzinaG dove in una settimana è passato il mondo ma i cuochi sono ancora freschi come rose. After hour al Bauer, che ospita la trasposizione del locale parigino Baron. Cocktail rinforzato a Palazzo Morosini da Mula dove esponeva l’artista spagnolo Domingo Zapata ma, soprattutto, dove era atteso, molto atteso, Di Caprio che, se è vero che gira conciato come un albanese, in fatto d’arte non si lascia scappare niente.
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