Violenza in spiaggia a Jesolo, il senegalese Gueye chiede i domiciliari

L’avvocato presenterà istanza al tribunale del Riesame per ottenere la scarcerazione. Proseguono le indagini



Mohamed “Momo” Gueye, il 25enne senegalese arrestato sabato 25 agosto con l’accusa di aver violentato due giorni prima una 15enne giuliana sulla spiaggia di Jesolo, chiederà di essere scarcerato e di poter attendere la conclusione delle indagini a suo carico agli arresti domiciliari. L’istanza sulla misura cautelare sarà presentata nelle prossime ore dal suo difensore, l’avvocato Jacopo Stefani, al tribunale del Riesame che sarà chiamato a pronunciarsi a breve. La prima richiesta del legale sarà quella di revoca della misura cautelare. Ma vista la tipologia del reato contestato, in subordine l’avvocato Stefani chiederà gli arresti domiciliari da scontare in un’abitazione che i familiari del senegalese si starebbero adoperando per trovare. Ci sono, a detta del legale, elementi che potrebbero portare alla riduzione della misura confermata dalla giudice per le indagini preliminari Roberta Marchiori in sede di interrogatorio di convalida. La gip aveva sostenuto la pericolosità e il pericolo di fuga dell’indagato.

Durante l’interrogatorio, Gueye aveva raccontato di aver conosciuto in un locale la ragazza che era a Jesolo in compagnia di tre amici. Lei gli avrebbe chiesto uno spinello, lui ha detto di averglielo negato. Poi i due si erano appartati in spiaggia. Nei video delle telecamere si vedono “Momo” e la giovane che si dirigono verso l’arenile stando abbracciati. Da questo punto della vicenda in avanti, le versioni sono divergenti. La ragazza ha raccontato di essere stata violentata da Gueye, il quale invece, nel corso dell’interrogatorio di convalida, ha ammesso di aver avuto il rapporto sessuale, sostenendo però che fosse consenziente e che anzi, la ragazza gli avesse detto di essere maggiorenne, mentendo quindi sui suoi 15 anni. Gueye era stato arrestato al termine di una indagine lampo in una struttura alberghiera in zona Rampa Cavalcavia, a Mestre.

Ad un quadro accusatorio definito già solido dagli inquirenti in questa fase, il pm Massimo Michelozzi e la Squadra Mobile vogliono aggiungere altri elementi a supporto. Tra le altre indagini, dovrebbe essere disposto il test del Dna sui reperti organici. —



Riproduzione riservata © La Nuova Venezia