Violenza domestica: 130 le vittime in un anno
Un centinaio di episodi registrati all’ospedale di Mestre. Altri 30 a Venezia. Fanno 130 casi, stando agli ultimi dati del 2013, di violenze che si sono consumate domestiche. In media, uno ogni tre giorni, stando alle medie. Al Pronto soccorso di Mestre da una a tre donne la settimana si presentano con i segni di violenze domestiche. Fenomeno che turba come i casi, troppi, di omicidio.
Ma le denunce non sono immediate. Spesso le vittime di violenze tacciono, per paura di ritorsioni. E non si tratta solo di donne, anche se sono la maggioranza. Ci sono disabili e pure anziani con segni di violenza che vengono visti negli ospedali. Intercettare i casi, farsi carico delle vittime e metterle al riparo è l’obiettivo dell’Osservatorio nazionale sulle violenze domestiche che affida alle aziende sanitarie locali il ruolo di capofila nelle azioni concrete per fronteggiare il fenomeno. Dati che devono far riflettere.
Nel 2012 da una indagine nei centri antiviolenza italiani, tra cui quello di Venezia, su 15 mila casi di donne vittime di violenza, l’80 per cento dei soprusi si consumano tra le mura di casa. Ogni anno il centro antiviolenza del Comune di Venezia vede 300 donne.
L’azienda di Giuseppe Dal Ben ha già creato un tavolo con prefetto, questore, Procura, conferenza dei sindaci, polizia municipale, l’assessore comunale alla cittadinanza delle donne, l’assessore provinciale alle pari opportunità, i carabinieri, il direttore dei due ospedali cittadini e i direttori dei quattro distretti sociosanitari. Oltre al responsabile del primo presidio di intervento, il Dipartimento di urgenza emergenza dell’Asl 12.
«Episodi di sopraffazione sono purtroppo assai frequenti, non solo verso le donne ma anche nei confronti di minori, anziani e persone disabili e la famiglia appare come luogo insidioso sul fronte della violenza», dice il direttore del settore sociale dell’Ulss 12 Claudio Beltrame. Insomma, la casa è più pericolosa della strada. «In stretto accordo con tutti gli enti ed associazioni del nostro territorio abbiamo avviato la prima fase del progetto», dice Beltrame, «ovvero la raccolta dei dati per comprendere il fenomeno nei dettagli».
«Noi vediamo da una a tre donne di media a settimana. I segnali sospetti che ci mettono in allarme sono segni sul collo, graffi sulle braccia e sulle spalle, ematomi al volto e sulle gambe che sono tracce di sberle e calci», spiega Giulio Belvederi, direttore del dipartimento Urgenza emergenza dell’azienda sanitaria e primario del pronto soccorso di Mestre. «Non sempre è facile classificare questi episodi come violenza domestica, perché la donna tende a dire che è caduta o si è ferita da sola, per paura. Parecchi anziani, poi, giungono al pronto soccorso per un problema medico ma poi all’esame attento rivelano scarsissima pulizia che è un segnale della poca cura con cui sono tenuti in famiglia». I dati raccolti ora porteranno ad analizzare la tipologia delle vittime e le modalità delle violenze. Poi tra Asl 12 e Comune di Venezia verrà siglato un protocollo per intervenire su ogni caso scoperto con tempestività e in modo incisivo. «è importante non solo intercettare gli episodi», conclude Beltrame, «ma stabilire un percorso certo per la protezione delle vittime, il loro recupero psicologico e il reinserimento sociale». E in questo vengono in aiuto gli psicologi. Da anni nei casi di violenza sessuale le professioniste del centro antiviolenza intervengono direttamente dal ricovero in ospedale.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia