Vincenzo e Giacomo sabato sposi

Entrambi professori al Liceo artistico, giornalisti, si amano da 36 anni e da trenta vivono insieme

VENEZIA. Si amano da 36 anni, vivono insieme da trenta e dal 2000 insegnano entrambi agli studenti del Liceo artistico di Venezia (l’uno storia dell’arte, l’altro inglese), volti noti in città anche per la loro attività di giornalisti, presenti nel mondo del cinema e della letteratura: sabato, alle 10, Vincenzo Patanè e Giacomo Caruso si diranno “Sì, lo voglio” a Palazzo Cavalli, tra le prime coppie omosessuali ad unirsi civilmente a Venezia.

«Ci siamo conosciuti a Napoli nel 1979 e quando nell’81 mi sono trasferito a Venezia per insegnare, Giacomo - che stava ancora studiando perché più giovane di me - mi ha detto: “Dammi il tempo di laurearmi e ti raggiungo” e dall’87 viviamo insieme. Nel 2000, per puro caso, anche lui ha iniziato a insegnare al Liceo artistico ed abbiamo avuto una cosa in più da condividere».

A raccontare - con qualche brivido della vigilia - questa lunga storia d’amore è Vincenzo Patanè, professore di storia dell’arte ormai prossimo alla pensione, critico cinematografico, scrittore con una passione per Lord Byron, che ha raccontato nei suoi libri “L’estate di un ghiro” e “ I frutti acerbi”.

A poche settimane dall’entrata in vigore della nuova legge sulle unioni civili, il “matrimonio” di una coppia omosessuale resta una storia da raccontare, perché carico di aspettative per un progetto di vita in comune, rimasto in attesa per molto tempo di potersi compiere.

«Noi viviamo da sempre in assoluta tranquillità la nostra vita, senza alcun segreto, iniziando dal luogo di lavoro: i ragazzi sanno benissimo che il prof di storia dell’arte e il prof di inglese stanno insieme», racconta ancora Vincenzo Patanè, «Venezia è una città aperta che ci ha sempre accolto, il Liceo artistico pure, siamo nel 2016: fossimo stati in qualche città del sud d’Italia sarebbe stato diverso, ma qui certamente la società è pronta da molto tempo a questa legge. Però abbiamo seguito le settimane del voto in Parlamento con il cuore in gola, perché finalmente la possibilità di sposarci si stava avvicinando. Così, non appena sono diventati operativi i decreti attuativi, siamo andati in Comune - dove sono stati tutti gentilissimi - e abbiamo fissato la data: l’8 ottobre, perché l’8 è il mio numero fortunato».

Vincenzo e Giacomo sono immersi nei preparativi della vigilia: la prossima settimana li aspetta il viaggio di nozze di due settimane - in ferie matrimoniali dalla scuola - tra Londra, Copenhagen, i parenti e gli amici a Napoli. Hanno deciso che ognuno manterrà il proprio cognome.

Matrimonio d’amore, ma anche per i concreti risvolti pratici della vita di una coppia. «Nella volontà di scrivere nei nostri documenti “uniti civilmente” c’è certamente l’aspetto romantico di suggellare una vita trascorsa insieme», racconta ancora Patanè, «ma ci sono addentellati pratici di non poco conto: la reversibilità della pensione, la possibilità di fare testamento a favore del coniuge, la diversa forza contrattuale che possiamo avere come coppia, ad esempio in caso di assistenza in ospedale. Non abbiamo mai avuto problemi sinora, ma l’idea che uno sconosciuto qualsiasi potesse dire “Lei che ci fa qui?” ci era inaccettabile».

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