Vince al Tar, può continuare a prostituirsi

Era stata allontanata dal Terraglio per tre anni su disposizione del questore di Treviso, ma per i giudici non è pericolosa

MESTRE. Si prostituiva, questo è fuor di dubbio. Lungo il Terraglio, in quello che era diventato il suo posto di lavoro. Ma non era pericolosa per la “pubblica moralità” e nemmeno per la “sicurezza pubblica”. Almeno non abbastanza, secondo i giudici del Tar, per venir allontanata da quella strada per tre lunghissimi anni. Pare una paradossale “favola” giudiziaria, con il più piccolo a trionfare contro i giganti: così una prostituta romena residente a Mestre ha vinto al Tar contro Alfano e Cacciapaglia, ministro e questore. Paradossale è dir poco: di fatto ora può tornare a prostituirsi.

È quanto ha stabilito il Tribunale amministrativo regionale dopo la camera di consiglio del 4 dicembre, con una sentenza che qualche strascico lo lascerà. La vicenda risale alla prima metà del 2015: la ricorrente, una donna romena, viene fermata da una volante durante un controllo anti prostituzione lungo il Terraglio. È un volto noto anche a Mogliano e Mestre, già segnalata dalla polizia. Che in questa circostanza ci va particolarmente pesante: il questore Cacciapaglia firma il divieto di tornare nel territorio comunale di Preganziol per tre anni. La prostituta, però, non si da per vinta, e presenta ricorso al provvedimento notificatole a metà luglio.

Secondo la questura, lo svolgimento dell’attività di meretricio per strada - negli atti processuali la sua attività è palese - avrebbe ingenerato “sentimenti di preoccupazione e timore degli automobilisti e che la crescita di tale fenomeno, ingenerante timore nella popolazione residente e nei transitanti, rendeva necessaria l’adozione di urgenti provvedimenti per riportare la situazione alla normalità”.

Espulsa per tre anni, quindi. Peccato però che negli atti manchino le motivazioni fondanti per stabilire che l’attività svolta in strada dalla lucciola romena fosse contraria alla decenza: il Tar non ha trovato «elementi da cui inferire giudizio di pericolosità sociale e/o per la sicurezza pubblica e /o per la pubblica moralità».

Servono particolari circostanze per far qualificare l’attività di svolgimento della prostituzione come pericolosa per la pubblica sicurezza e la pubblica moralità. Ricorso vinto, quindi, e spese a carico dell’amministazione soccombente - 800 euro più oneri di legge - ossia il ministero dell’Interno e la Questura di Treviso. E una mazzata non da poco per quanti cercano di contrastare il fenomeno della prostituzione, siano le forze dell’ordine o la segnaletica stradale voluta dall’ex sindaco di Mogliano.

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