Villa, capannone e quindici Tir sotto sequestro a Camponogara
CAMPONOGARA. Per la prima volta la Procura della Repubblica ha chiesto e ottenuto una misura di prevenzione personale e patrimoniale che ha portato al sequestro di una villa, un capannone industriale, quindici automezzi, tra i quali alcuni Tir e delle partecipazioni a due società di spedizione. Tutto di proprietà di Domenico e Michelangelo Mercuri, padre e figlio rispettivamente 54 e 28 anni, residenti a Calcroci di Camponogara, ma originari della provincia di Reggio Calabria.
Il valore dei beni sequestrati supera il milione di euro. A chiedere e ottenere dal Tribunale di Venezia le misure è stato il pubblico ministro Walter Ignazitto, che a Messina, dove lavorava in precedenza, da giudice si occupava proprio delle misure di prevenzione nei confronti soprattutto di chi era sospettato di appartenere o favorire Cosa Nostra. Il provvedimento è provvisorio, comunque i beni sono stati affidati per la gestione al commercialista veneziano Paolo Reali, ed è già stato notificato, ma il 14 maggio il Tribunale si riunirà in camera di consiglio e ascolterà il rappresentante dell’accusa e il difensore, per ora si tratta dell’avvocato Fabio Sarra nominato d’ufficio, quindi dovrà decidere se confermare o meno il provvedimento.
Michelangelo Mercuri, figlio di Domenico, è coinvolto in un’inchiesta per la quale il pubblico ministero Giorgio Gava ha già chiesto il suo rinvio a giudizio per associazione a delinquere finalizzata alla truffa e all’appropriazione indebita.
Due anni fa era stato anche arrestato assieme ai fratelli Surian, Luigi e Francesco di Eraclea, Abele Paolo Rodà di Mira e a Francesco Salvadori di Villorba: le indagini erano state svolte dai carabinieri della sezione di Polizia giudiziaria della Procura veneziana in seguito della denuncia, presentata nel mese di marzo del 2011, da una società di spedizioni di Mestre, vittima di tredici "sottrazioni fraudolente" di carichi di ghisa, per un valore iniziale di 400 mila euro circa.
Da lì i carabinieri avevano prima individuato il gruppo di truffatori e poi capito il meccanismo del business illegale. Gli indagati ottenevano, dopo aver creato ad hoc delle società con sede nel veneziano, l'incarico di eseguire uno o più trasporti per conto della ditta che chiedeva il trasporto del materiale ferroso, anche approfittando del subaffidamento da parte dei vari spedizionieri. Le società, dopo il viaggio truffa, visto che nel frattempo il materiale spariva e non arrivava a destinazione, venivano chiuse. Per far sparire la merce il gruppo utilizzava autisti compiacenti, in possesso di grossi auto articolati. L'analisi del business ha consentito ai carabinieri veneziani di individuare altre nove aziende, con sede nel centro-nord, che avrebbero subìto la truffa. Il danno complessivo patito dalle imprese raggirate è stato quantificato dagli investigatori in un milione di euro e si riferisce ad almeno 24 episodi tutti avvenuti nel semestre gennaio-luglio 2011.
Lo scorso anno, tra l’altro, sia il padre Domenico sia il figlio Michelangelo era stati condannati dal Tribunale di Venezia rispettivamente a cinque anni e 15 giorni di reclusione e tre anni e nove mesi per ricettazione e riciclaggio. In questo caso dovevano rispondere di aver rubato bulldozer e altri mezzi pesanti e poi di averli rivenduti. Sono infine sospettati di essere molto vicini alla cosca calabrese dei Mazzaferro di Gioiosa Jonica.
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