Video hard in rete, dipendente Actv licenziato: ma il giudice lo indennizza con 20 mensilità

Addetto alla centrale operativa, diffuse sul web le effusioni di una giovane coppia appartata nel sottopasso del tram e ripresa dalla videosorveglianza interna
Tram nuova tratta Mestre Marghera Panorama.
Tram nuova tratta Mestre Marghera Panorama.

MESTRE. Due ragazzini che amoreggiano nell’ascensore del sottopasso del tram - a Mestre - convinti di essere invisibili. Invece le telecamere di sicurezza di Actv li inquadrano, rimandando le loro effusioni sui monitor della centrale operativa dell’azienda: gli addetti ai controlli non si limitano a qualche battuta di cattivo gusto, ma uno di loro riprende la scena, che inizia a circolare di cellulare in cellulare e poi finisce in rete. È accaduto a marzo 2015. Subito era arrivata la reazione di Actv, con la denuncia penale alla Polizia postale per diffusione di materiale riservato e provvedimenti disciplinari molto netti: licenziamento in tronco per il dipendente che aveva diffuso il video in rete e demansionamento per il collega che l’aveva registrato.

L’uomo ha, però, fatto ricorso al giudice del lavoro e lo ha vinto: il tribunale di Venezia - sottolineano gli avvocati Cravotta e Salvalaio - ha dichiarato l’illegittimità del licenziamento, in quanto sanzione sproporzionata ai fatti.

Il rapporto di lavoro è comunque finito, il dipendente "guardone" non tornerà in Actv, ma l’azienda lo dovrà indennizzare con il pagamento di 20 mensilità. Confermato il demansionamento del collega, che è così tornato a fare l’autista.

Nella squallida vicenda avevano avuto una parte altri due dipendenti Actv - che avevano ricevuto il video e l’avevano condiviso tra loro, attraverso il cellulare - raggiunti da una sanzione disciplinare più lieve (la sospensione temporanea dal lavoro), perché non direttamente coinvolti nell’aspetto più grave della vicenda: la diffusione di materiale riservato. Le immagini del circuito di videosorveglianza di Actv sono, infatti, accessibili solo alla magistratura, in caso di indagini in corso. La legge sulla privacy proibisce qualsiasi diffusione privata dei video: da qui anche l’indagine penale a carico dei quattro, per la quale si attendono le decisioni della Procura e che potrà aprire la strada alle richieste di risarcimento delle due giovani vittime del “furto” delle loro immagini, finite in rete. Nel caso specifico, ad aggravare la posizione degli indagati il fatto che una delle parti lese fosse minorenne.

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