Via Piave, librerie al posto di negozi sfitti
MESTRE. Illuminare il vuoto, per tentare di fermare il degrado. E portare attività diverse, dagli studi d’artista ai laboratori di artigiani, per offrire proposte nuove ai residenti e ai turisti che andranno ad affollare gli alberghi in costruzione, o già aperti come nel caso dell’ostello, nella zona della stazione di Mestre. Trasformando via Piave da luogo problematico e di insicurezza in una passeggiata verso il centro di Mestre, da gustare.
La sfida delle vetrine accese. Il gruppo di lavoro di via Piave ama le sfide e ieri ha illustrato un progetto che parte dall’esperienza diretta: quella della vetrina riaperta dopo anni di chiusura del negozio al civico 46 di via Piave e che è diventato la sede dell’associazione di cittadini: uno spazio aperto a dicembre 2016 e che ha già ospitato 80 eventi (concerti, mostre, incontri, laboratori) e che entro la fine anno ne ha in calendario altri 30.
Quattro negozi da riaprire. Il proprietario della vetrina l’ha concesso in comodato d’uso al gruppo di via Piave. E ora la stessa proprietà ha detto di sì ad una nuova proposta: affittare altri due negozi vuoti sotto il porticato di via Piave e altri due vani sfitti all’angolo con via Premuda. La prima regola fissata dal proprietario fa ben sperare: tenerli aperti la sera, soprattutto (oltre a restituirli quando sarà il caso, senza problemi). Il gruppo di via Piave si propone ora come mediatore tra la proprietà e i nuovi inquilini, che avranno tutti finalità culturali e potranno utilizzare o solo la vetrina, oppure utilizzeranno il vano come spazio espositivo o ancora avranno il negozio a disposizione con contratti d’uso studiati con la proprietà e criteri che saranno valutati anche dal Comune di Venezia, invitato a svolgere in questo progetto il ruolo di garante.Il progetto è stato esposto all’assessore alla sicurezza D’Este e per settembre è fissato un incontro con il collega De Martin per valutare tutti assieme e con la proprietà quali sono gli utilizzi migliori di questi spazi vuoti, primo nucleo del progetto “Il vuoto s’illumina”.
Una strada, troppi locali sfitti. Tanti altri negozi per ora restano vuoti. In via Piave, mappata a maggio, si sono contati 142 spazi commerciali, di cui il 22,5% ( una cinquantina) sono sfitti. Ventisei espongono cartelli di vendita o affitto. 210 le vetrine con affaccio su via Piave; 56 sono miseramente spente. Riportarle in vita è necessario perché le attività commerciali sono sinonimo di sicurezza.
Attirare anche i turisti. Ma aprire una libreria, studi d’artista o di artigiani, diventa una attrazione anche per turisti. «L’ostello ha aperto i battenti e altri sette alberghi sorgeranno nella zona con circa 7 mila posti letto e con una potenzialità di 2 milioni di nuove presenze entro il 2020. Poi ci sono già tantissimi B&b. Un cambiamento che porta criticità ma anche opportunità e pensiamo che portare nuove attività in via Piave, riaprendo vetrine chiuse, significa dare una offerta ad un pubblico che può passeggiare così fino al centro di Mestre, dove sta nascendo il museo M9. Un ultimo miglio tutto da ripensare e valorizzare entro il 2020. In fondo a via Piave, davanti alla fontana di Aricò, arriverà un nuovo bistrot», spiegano Nicola Ianuale, Fabrizio Preo, Marco Bresciani del gruppo di via Piave. Al progetto collaborano le architette di Eticity Venezia (Claudia Faraone, Giovanna Muzzi, Federica Manna, Federica Fava) e Silvia Di Meo. E se l’idea funziona magari altri proprietari cercheranno nuovi modi per affittare le loro proprietà, oggi chiuse.
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