Via libera al nuovo Senato tra le proteste. Ecco come funzionerà

Forza Italia e Sel non votano. Grillini e Lega scelgono l’Aventino. Duramente contestato l’intervento di Giorgio Napolitano. Il video del ministro Boschi che risponde duramente al grillino Castaldi che accusa il governo di "accordi Massonici. La replica: "Massonici tua sorella"
Il ministro Maria Elena Boschi
Il ministro Maria Elena Boschi

ROMA. Maggioranza al traguardo con il non voto delle opposizioni che abbandonano l’Aula in segno di protesta. L’Assemblea di Palazzo Madama ha infatti approvato il testo definitivo del disegno di legge costituzionale che cancella il bicameralismo paritario e disegna il nuovo Senato. I voti favorevoli sono stati 179, quelli contrari 16 mentre 7 sono stati gli astenuti. Hanno votato a favore i partiti della maggioranza e contro i fittiani. Movimento 5 Stelle e Lega hanno scelto l’Aventino e sono usciti dall’Aula, mentre Forza Italia e Sel, non hanno partecipato al voto. Il Pd - fatta eccezione per Felice Casson, Walter Tocci e Corradino Mineo - ha tenuto fede all’accordo raggiunto la scorsa settimana, votando in blocco a favore ed evitando così una nuova spaccatura.

La giornata, insomma, non ha riservato brutte sorprese al governo e Matteo Renzi, prima del via libera, affida a Facebook tutta la sua gioia («È finita la stagione della politica inconcludente») e poi, dai microfoni di Rtl 102.5, non rinuncia alla consueta puntura di spillo contro i suoi detrattori: «L’Italia può essere meglio della Germani. Basta col piagnisteo, facciamo le riforme con un grande abbraccio ai gufi e ai loro derivati». Poi, dopo il via libera, il premier passa ai ringraziamenti: «Grazie a chi continua a inseguire il sogno di un’Italia più semplice e più forte. Le riforme servono a questo. #lavoltabuona».

Senato, Boschi al capogruppo M5S: "Massone lo dici a tua sorella"

Ma a gioire è anche e soprattutto Maria Elena Boschi che subito dopo l’approvazione usa Twitter per ringraziare tutti i senatori che hanno approvato la riforma che porta il suo nome: «Semplicemente una bellissima giornata. Per noi ma soprattuto per l’Italia . Grazie a chi ci ha sempre creduto. È proprio #lavoltabuona». Al sì alla riforma, che ora dovrà tornare alla Camera per una nuova lettura e poi sarà al centro del referendum nel 2016, si è arrivati al termine di un durissimo scontro tra maggioranza e opposizioni. Ieri, però, il malcontento di Fi, Sel, M5S e Lega non ha riguardato solo il governo ma si è concentrato soprattutto sull’intervento in Aula di Giorgio Napolitano. Contestazioni, cravatte verdi, fogli tricolore e cartelli di protesta hanno accompagnato il discorso dell’ex presidente della Repubblica, che ha difeso fino in fondo la riforma ed ha chiesto un supplemento di “riflessione” sulla legge elettorale.

Cento senatori con competenze limitate
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Ad attaccare Napolitano sono stati soprattutto i senatori di Forza Italia che non hanno ascoltato il suo intervento e sono usciti dall’aula in segno di protesta. Iniziativa che è stata presa anche dai 5 stelle. Ad agitare l’emiciclo è stato, in particolare, Domenico Scilipoti (Fi)che ha agitato dei foglietti con la scritta «2011», riferendosi all’anno delle dimissioni dal governo di Silvio Berlusconi, ed ha rischiato di essere espulso da Pietro Grasso, che dopo l’approvazione ha detto di «aver fatto di tutto per rimanere imparziale». Prima del via libera Silvio Berlusconi aveva riunito il gruppo di Forza Italia nel tentativo di cercare una posizione comune di tutte le opposizioni, che alla fine hanno deciso di procedere in ordine sparso. Lega e 5 Stelle hanno optato per l’Aventino, abbandonando l’Aula. Sel ha deciso di non partecipare al voto ma è restata in Aula. Stessa scelta per Forza Italia. Gli unici che sono rimasti nell’emiciclo per votare contro sono stati i Conservatori e Riformisti di Raffaele Fitto. A difendere il ddl Boschi in Aula ci ha pensato il presidente dei senatori Pd, Luigi Zanda, per il quale la riforma del bicameralismo è un cambiamento enorme destinato a rafforzare e rendere più fluido il procedimento legislativo e il nuovo Senato terrà unito il paese: «La mancanza di una Camera di raccordo tra lo Stato e le Regioni ha frenato il processo di coesione nazionale».

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