«Via i vincoli alla spesa dei nostri fondi»
La nuova richiesta del Comune al governo è di poter utilizzare liberamente, senza vincoli d’uso - quindi anche per rientrare nei limiti del patto di stabilità - per almeno un triennio, le entrate dell’imposta di soggiorno (26 milioni nel 2014, ma oggi vincolati a servizi legati al turismo), delle multe (16 milioni, destinati a interventi legati alla sicurezza stradale: sì alla cartellonistica, ma no a nuovi asfalti), degli oneri di urbanizzazione (11 milioni). È questo il cuore del piano di rientro del Comune di Venezia, per evitare il collasso dei conti.
In attesa che il parlamento approvi in via definitiva il decreto Milleproroghe - dove con tre semplici paroline è stata estesa «e anche (al) 2015» la riduzione delle sanzioni per lo sforamento del patto di stabilità già concesse a Venezia nel 2014 - in Comune si pensa a come fare pressing sul governo per un nuovo decreto che diluisca in 3-5 anni il piano di rientro di 52 milioni di euro che, altrimenti, Ca’ Farsetti dovrà comunque trovare quest’anno per lo sforamento del patto: si tratta di 17 milioni di penalizzazione economica (contro i 60 previsti prima dell’emendamento al Milleproroghe), 20 di tagli alle spese per il patto 2015, 15 milioni di tagli ai fondi statali per il 2015.
«Praticamente i fondi pubblici sono azzerati e la città non ha più finanziamenti speciali, come pure le entrate del casinò sono ridotte a poco: Venezia è a tutti gli effetti un Comune come tutti gli altri, che vive di entrate proprie, in pareggio se non ci costringono a far fronte a vincoli e sanzioni di patto impossibili da rispettare in un anno», commenta il direttore generale del Comune, Marco Agostini, «dal 2007 ad oggi, il Comune di Venezia ha già restituito allo Stato quasi un miliardo di euro - coperti per lo più con le alienazioni societarie e di immobili - in ossequio al patto, ma ora siamo al limite». «L’emendamento al Milleproroghe ha ridotto da 95 a 52 i milioni di rientro, il che è già molto importante», aggiunge il direttore generale, illustrando le proposte già avanzate dal commissario Zappalorto e dal subcommissario Tatò, al sottosegretario Delrio, «ma ora dev’essere concesso al Comune di dilazionare il pagamento di questi fondi almeno in tre anni, meglio in cinque. Bisogna che il governo tenga in considerazione che questi 52 milioni di euro che ci chiede, non derivano da buchi di bilancio - qui nessuno è scappato con i soldi o li ha sprecati - ma da un calcolo su parametri fuori tempo: il patto impone a Venezia di ridurre le spese, ma fa riferimento al 2009, quando c’erano fondi di Legge speciale e del casinò che oggi non ci sono più. La specificità di allora viene messa in conto a Venezia oggi, quando lo stato non ci dà più niente».
E a questo piano di rientro che spalmi in 3-5 anni la resa dei 52 milioni si sta lavorando, contando sul fatto che oramai il Milleproroghe - in discussione tra Camera e Senato - diventi realtà. La richiesta liberalizzazione nell’uso delle entrate da imposta di soggiorno, multe, oneri di urbanizzazione permetterebbe di destinare parte di queste somme per saldare le sanzioni, dando per scontato che difficilmente milioni freschi arriveranno dal piano vendite, andato deserto nel 2014.
Quanto al Milleproroghe, l’emendamento permetterà di rifinanziare il fondo accessorio per il personale - quello tagliato in questo 2015 dal commissario Zappalorto, scatenando la reazione dipendenti comunali - ma non risolverà del tutto i problemi per il futuro: la nuova amministrazione dovrà decidere in che misura mantenere o ridurre l’impatto di settori importanti come quello dei servizi sociali o per l’infanzia, a fronte - ad esempio - del pesante sottorganico dei vigili urbani, che sono 392 quando una città come Bologna ne ha 850. Decisioni scomode in capo al futuro sindaco.
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