Un ponte tra Venezia e il Giappone: l’ambasciatrice dell'Expo porta il vetro di Murano in Oriente

Ritsue Mishima di Kyoto vive dal 1989 in città e lavora con le fornaci di Murano: «Mi sveglio alle quattro del mattino, trovo la bellezza riflessa nell’acqua»

Camilla Gargioni
Ritsue Mishima
Ritsue Mishima

La ricerca artistica per le calli di Venezia di Ritsue Mishima parte per caso, da un vaso di fiori.

«Avevo comprato un mazzo di fiori, ma non ho trovato da nessuna parte un vaso che potesse contenerli», racconta, «così, ho cominciato a lavorare il vetro e si è aperta una nuova strada della mia vita.

In quel momento, non ho pensato che sarei diventata un’artista».

Mishima è nata a Kyoto in Giappone nel 1962, vive a Venezia dal 1989 e nel 2011 ha preso casa anche a Kyoto.

È lei l’Ambasciatrice per l’Italia a Expo 2025 Osaka in Giappone, dove porterà il suo vetro trasparente, che quasi sembra respirare. Se la passione per il vetro è nata per caso, la dedizione per l’arte è un rito quotidiano. «La mattina mi alzo molto presto, alle 4. Il mio studio è alle Zattere, mi sposto da lì per raggiungere Murano, dove arrivo per le 6», spiega Mishima, «è il momento in cui c’è ancora la bellezza di Venezia: la trovo riflessa nell’acqua».

Da Kyoto Venezia o viceversa

«Sono un’artista e lavoro il vetro, questo è cominciato da Venezia, non da Kyoto». Non c’è una prima o una seconda casa, Venezia e Kyoto per Mishima sono unite da un legame che non si spiega a parole.

«È una sensazione strana: sono nata a Kyoto, ma sento di esser cresciuta a Venezia. Qui ho trovato me stessa: il mio cammino è iniziato in questa città».

Stregata dalle architetture, dalle forme sinuose, dalle calli strette, ogni giorno Mishima trova una nuova ispirazione. «Mi sento di entrambi i paesi, Italia e Giappone, ma la mia realizzazione è stata a Murano», continua Mishima, «dove ho creato un legame».

Il vetro di Murano a Osaka

Sarà proprio la sua passione per il vetro la protagonista a Osaka, al padiglione Italia all’Expo che aprirà il prossimo 13 aprile. Sull’opera che porterà Mishima, però, c’è ancora un’aura di mistero.

«A Murano c’è la mia fornace di riferimento, siamo cresciuti insieme», spiega Mishima, «per molti Murano non è facile, spesso mi chiedono come ho fatto a entrare in sintonia con l’isola. Ma non è stato difficile: ho ascoltato me stessa e ho portato rispetto per chi ho incontrato».

E la scintilla, è stata la passione. «Ci siamo capiti, parlando lo stesso linguaggio: quello della passione», sottolinea, «il mio rispetto per il loro sguardo è stato anche la capacità di tradurlo. È tutto una prova, si sperimenta. Se non c’è azione, allora non c’è creazione».

Tra le ultime mostre di Ritsue Mishima, c’è quella alle Gallerie dell’Accademia nel 2022 (“Ritsue Mishima-Glass Works”), in cui aveva realizzato 32 sculture di vetro incolore appositamente per lo spazio al piano terra del museo, in dialogo con le opere di Antonio Canova.

Dall’89 a oggi: Venezia cambia

«Ho visto cambiare la città in questi anni», dice, «ha mantenuto una dimensione estremamente internazionale, ma si è svuotata delle sue attività. Penso al macellaio, al ferramenta, sono sempre più rari da trovare».

Ecco che per ritrovare la Venezia più autentica, lontana dai tracciati turistici, Mishima privilegia le passeggiate alla mattina presto. «C’è una comunità molto unita in un città legata da quattrocento ponti.

Questi ponti generano incontri, ci si scambia sempre un saluto con le persone che si incrociano. Non è la stessa autenticità di una volta, ma la si può trovare ancora». A questo, appunto, si unisce la dimensione internazionale che porta tutto il mondo tra le calli della città.

L’arte di Venezia a Osaka

Insieme all’arte di Ritsue Mishima, chi visiterà il padiglione Italia a Osaka troverà altre suggestioni veneziane. Ci sarà la storica figura di Ito Mancio, giapponese che arrivò in Italia nel 1583 e venne ritratto da Tintoretto, e ancora il lampadario in vetro di Murano realizzato da Kengo Kuma, oltre al coro della Fenice che si esibirà il 22 aprile. Perché Venezia continua a ispirare. «Se c’è ancora spazio per la ricerca creativa in città? Sicuramente», conclude Mishima.

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia