Vertice a palazzo Dieci Savi sulla subsidenza del Mose
VENEZIA. Vertice sulla subsidenza del Mose a palazzo Dieci Savi. L’ha convocato il responsabile dell’Ufficio salvaguardia dell’ex Magistrato alle Acque – ora Provveditorato alle Opere pubbliche, in procinto di passare alla Città Metropolitana – Fabio Riva. C’è da accendere i riflettori su una verità messa sul tavolo dai tecnici del Cnr: le bocche di porto dove sono in corso i lavori del Mose sprofondano molto più del resto della laguna e dell’Adriatico. Otto centimetri in soli due anni e mezzo, una cifra che il progetto prevedeva per i prossimi cento anni. Assestamento «naturale» che si fermerà o qualcosa di più preoccupante? Ci si è accorti d’improvviso che in questi anni, tra i miliardi di euro spesi per il Mose nemmeno un centesimo è stato impiegato per indagini geologiche «super partes».
E neanche per i monitoraggi, avviati solo adesso dalla nuova gestione commissariale del Consorzio Venezia Nuova. Chi controlla che i lavori non producano trasformazioni pericolose alla laguna? «Il Mose ha già cambiato le correnti e le maree», ha denunciato pubblicamente il professor Luigi D’Alpaos, professore emerito di Idraulica all’Università di Padova. Ma anche il terreno che affonda sotto il peso di mezzo milione di tonnellate di cemento è un fenomeno da tenere sotto controllo. Perché al momento di installare i grandi cassoni in calcestruzzo che dovranno tenere le paratoie sui fondali della laguna, i tecnici del Consorzio parlavano di «pochi millimetri di tolleranza». Se ne preoccupano ora gli stessi commissari. «Avvieremo un monitoraggio continuo», ha commentato a caldo dopo le rivelazioni del Cnr il commissario Luigi Magistro. «È una questione seria, bisogna verificare anche se i cedimenti sono omogenei», dice l’altro commissario, Giuseppe Fiengo. Nel frattempo il Consorzio ha dato incarico a due professori dell’Università di Roma con pedigree internazionale di fare i primi rilevamenti sui cedimenti dei cassoni e sul fenomeno della subsidenza.
«Ci dispiace di non essere stati coinvolti», dice il direttore del Corila Pierpalo Campostrini. Il Corila è un consorzio di ricerca tra le Università di Venezia e Padova integrato da alcuni esperti che ha svolto in passato molti lavori di studio per il Consorzio.
«Ma solo sul piano ambientale, sui riflessi che l’opera può avere sull’ecosistema», precisa Campostrini, «non sul progetto dei cassoni e sulle parti geologiche». L’aspetto che adesso preoccupa di più. Esperimenti e studi erano stati fatti prima del progetto, con uno strumento che aveva «testato» la pressione sui suoli delle infrastrutture in cemento. Ma il monitoraggio non si è mai fatto. Lo chiede anche il Senato, con la mozione proposta da Felice Casson e approvata all’unanimità con il parere favorevole del governo. «Sul Mose», recita il documento, «va fatta chiarezza anche sugli aspetti tecnici».
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