Verdi nel Veneto: «A rischio la biodiversità della laguna»
VENEZIA. «Perplessità su alcune opere di salvaguardia, progettate e gestite dai soliti noti, Consorzio Venezia Nuova, con metodi vecchi».
Comincia così la nota che il Gruppo metropolitano di Venezia dei Verdi nel Veneto ha inviato dopo la pubblicazione del servizio sulla Nuova Venezia sui fanghi del Mose, al centro di un’indagine dei Carabinieri del Noe (Nucleo operativo ecologico).
Firmato dal portavoce Marco Trevisan, il comunicato spiega che, pur riconoscendo la massima buona volontà dell’ingegnere Linetti, provveditore alle Opere Pubbliche del Triveneto, sembra che ci si trovi davanti a una gestione che non funziona ancora. «A proposito dei fanghi si continuano a riutilizzare sedimenti non adeguati per realizzare barene, impiegando quelli che vengono scavati in luoghi altamente inquinati» scrivono i Verdi specificando che tali opere dovrebbero essere fatte al meglio perché patrimonio dell’umanità e Zona di Protezione Speciale protette dalla Ue «Tutto questo dovrebbe rientrare in un piano strategico, si chiami Piano Morfologico, atteso da almeno 20 anni, o altro, ma che ponga come obiettivo primario la salvaguardia della Biodiversità lagunare e la massima attenzione imposta dalle Leggi per evitare la contaminazione con sostanze pericolose per la salute pubblica».
I Verdi sostengono che un discorso analogo si potrebbe fare sulle opere di compensazione del Mose alle bocche di Porto che dovevano essere già realizzate dopo l’approvazione del Piano Europa nel 2011. «Si è fatto un ampio dibattito pubblico all’Arsenale nella primavera 2018 a partire dalle opere di inserimento paesaggistico ideate da Iuav senza quasi tenere minimamente conto delle caratteristiche di Biodiversità delle testate dei litorali alle Bocche di Porto» spiegano «Sono emerse molte criticità e sono state fatte molte osservazioni da associazioni e cittadini, ma le risposte a quelle osservazioni non sono mai arrivate e non sappiamo come voglia procedere il Consorzio Venezia Nuova sulle modifiche ai progetti che erano state richieste e sulle conferme di quello che di buono c’era già, ad esempio il Piano di Recupero dell’area Sic-Zps degli Alberoni che partiva da un progetto del Wwf e non del Consorzio Venezia Nuova. E dopo una procedura di infrazione e 8 anni di attesa dall’approvazione di quel Piano Europa, a seguito anche dello scandalo internazionale sul Mose, non ci sembra di chiedere troppo».
La note si conclude dicendo che si spera che quanto stia succedendo non sia un’operazione di greenwashing, ovvero: «Non vorremmo che questa mancanza di trasparenza, portatrice, a volte, ci si passi il termine, di mala gestione (...) portasse solo a una grande operazione (greenwashing) per continuare con gli stessi metodi già sperimentati per i lavori di salvaguardia dell’ambiente lagunare spendendo soldi pubblici con risultati a volte discutibili se non negativi, su lembi pregiati del territorio per fortuna ancora protetti dall’Europa». —
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