Vent’anni fa rubò una tela del Tiepolo da una chiesa
VENEZIA. Il nome di Sebastiano Magnanini non è sconosciuto alle forze dell'ordine di Venezia. Infatti, nel 1994, era stato arrestato per il furto della tela del Tiepolo "L'educazione della Vergine", rubata con un’azione rocambolesca e a tratti comica dalla Chiesa della Fava il 15 dicembre 1993. Magnanini, accusato di furto aggravato, con un complice, era poi stato condannato nel 1998 a un anno e sei mesi. Denunciato e poi condannato con Magnanini anche Damiano Bortolini, all’epoca dei fatti 30enne, mentre Magnanini di anni ne aveva 25. Condannato anche Claudio Di Benedetto, 30 anni.
Magnanini e Bortolini erano incensurati e confessarono che con il colpo avrebbero guadagnato 20 milioni (di lire) a testa. La tela all’epoca valeva 2 miliardi di vecchie lire. Il capobanda era considerato Di Benedetto, mentre il ricettatore era un motoscafista di 54 anni. La settimana prima, per provare il colpo, s’intrufolarono all’interno della chiesa e portarono via un quadro della Via Crucis. Il furto fu maldestro: Magnanini e un complice si fecero chiudere di sera all'interno della chiesa, all'insaputa dei frati, e pur potendo agire indisturbati ebbero bisogno di un terzo complice, chiamato durante la notte, per portare a termine il furto: la tela, tre metri per due, valutata all'epoca due miliardi di lire, fu staccata con un taglierino. A quel tempo la chiesa non era dotata di sistemi d'allarme. Ma i tre ladri improvvisati seminarono tracce lungo il percorso: ad operazione ancora in corso, uscirono per una bevuta in un bar vicino alla chiesa, fumarono alcuni spinelli, e mentre fuggivano fecero cadere in campo Santa Margherita la tela per terra, raccolta la tennero assieme con i lacci da scarpe che uno si tolse.
E come volle precisare Magnanini al processo, si trattava di false Timberland. L'opera venne recuperata tre mesi dopo dalla squadra mobile di Venezia. La tela, era previsto, doveva essere tagliata in quattro parti per poi essere spedita all’estero dopo la vendita. Venne trovata avvolta in un lenzuolo e con solo un angolo rovinato. L'indagine ebbe una coda negativa per la polizia: la facilità del rinvenimento del Tiepolo innescò un'inchiesta della magistratura sul sospetto che il recupero fosse avvenuto grazie a un accordo tra investigatori e pregiudicati. Un agente venne condannato per falso. (c.m.)
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia