Violenza contro le donne, 300 casi l’anno: «Adesso serve una quinta Casa rifugio»

Dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin sono aumentate le chiamate al 1522 e le donne che si affacciano agli sportelli

Maria Ducoli
Scarpe rosse, simbolo di violenza tra le più odiose: quella sulle donne
Scarpe rosse, simbolo di violenza tra le più odiose: quella sulle donne

Qualcuna alza la testa dopo anni di violenza e sopportazione, in silenzio. Altre sono giovanissime, a volte alla loro prima relazione, ma hanno capito che qualcosa non va e non hanno paura di chiamare le cose con il loro nome. L’attività del Centro antiviolenza di Venezia, che a fine mese chiuderà le celebrazioni per il trentennale della sua nascita, è raddoppiata.

E questo non vuol dire solo che la violenza domestica continui a dilagare, ma anche che, sempre più spesso, le donne non ci stanno, prendono il coraggio tra le mani e denunciano, segnalano, chiedono aiuto.

Nel 2024, le donne che hanno fatto il primo colloquio sono state 178, contro le 93 dell’anno precedente.

Anche le chiamate al numero antiviolenza del Centro di Venezia hanno subito un’impennata rispetto agli anni precedenti: se nel 2015 erano state 113 quelle da parte delle vittime, solo nel primo semestre del 2024 - stando ai dati Istat - sono state 143.

L’aumento è ancora più significativo se consideriamo le telefonate fatte da parenti, amici e, più in generale, vicini delle donne coinvolte in situazioni di violenza: 308 nel 2015, schizzate a 488 nel 2023 e 366 nel primo semestre del 2024. Inevitabilmente si è sentito “l’effetto Giulia Cecchettin”: la cui morte ha rappresentato un punto di svolta nella percezione del femminicidio in Italia.

Perché se Giulia, anche Giulia, addirittura Giulia è stata uccisa, allora è incontestabile che esista una violenza maschile che va ben oltre le colpe femminili che l’opinione pubblica cerca in ogni caso e, anzi, da esse prescinde.

I Cav, acronimo di centri anti violenza, sono sportelli sempre attivi che si occupano di tutti gli aspetti che ruotano intorno all’autodeterminazione femminile: l’ascolto, il supporto legale, la protezione, la ricerca di autonomia economica e abitativa, solo per citarne alcuni.

Ed è proprio il Cav di Venezia a snocciolare i numeri che rendono bene l’idea della portata del problema sul territorio: 274 le donne prese in carico nel 2024, 20 le donne e 19 i bambini ospitati nelle quattro case rifugio disseminate sul territorio, contro le 16 dell’anno precedente.

Va detto che tra il novembre del 2023 e quello del 2024 sono state aperte altre due case rifugio, per cui la disponibilità dei posti è aumentata. Questo non è bastato, però, a far diminuire le donne, con i rispettivi figli, ospitate in altre strutture di accoglienza, dalle comunità alle case famiglia: dalle 41 con 37 minori del 2023, lo scorso anno è stato dato un posto a 49 donne e 50 minori.

Sono state 79, poi, le consulenze giuridico-legali fornite dal Cav contro le 37 del 2023, 622 gli interventi di supporto psicologico, raddoppiati rispetto ai 313 dell’anno precedente, così come gli interventi di primo contatto informativo, passati da 216 a 426.

Aumentano in maniera esponenziale anche gli interventi messi in atto per sviluppare progetti di uscita dalla violenza, da 492 schizzati a 1.007. «In questi 30 anni, ciò che ci ha caratterizzato» spiega la responsabile delle attività del Cav, Patrizia Marcuzzo, «è stata la nostra capacità di trasformarci e di aumentare la sensibilizzazione nelle scuole e sul territorio, questo crea una comunità più attenta».

Infatti, sono stati ben 69 gli interventi del Cav nelle scuole e 171 quelli rivolti alla cittadinanza. «Ora, il nostro obiettivo» anticipa, «è quello di aprire una quinta casa rifugio, anche attraverso le donazioni e le raccolte fondi delle varie iniziative». D’altronde, il bisogno di posti letto è costante, visto l’alto numero di richieste, provenienti non solo dal Comune ma anche dai territori limitrofi.

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia