Venezia, un tavolino di troppo costa tre giorni di chiusura al "Paradiso perduto"
VENEZIA. Chiuso per tre giorni il Paradiso Perduto. Chiuso dalla polizia locale. O meglio sospesa l’attività per tre giorni, perché durante un controllo, a maggio, i vigili avevano trovato un tavolino in più di quelli che il titolare può mettere in fondamenta.
Maurizio Adamo, titolare del famoso locale in fondamenta degli Ormesini, protesta per il modo in cui la sospesione è avvenuta. Racconta: «Venerdì è arrivato un vigile e ci ha detto “voi dovete essere chiusi”. E gli ho chiesto come mai? Lui mi ha spiegato che il 25 maggio era stata spedita con la pec un’ordinanza con la quale si ordinava la chiusura e i motivi che avevano portato all’atto. Ho guardato nella posta - dice Adamo - ma il file non si apriva. Le ho provate tutte, ma niente. Hanno provato anche degli esperti e degli hacker ma niente. A quel punto mio figlio ha seguito il vigile urbano in ufficio e gli è stata consegnata l’ordinanza che a quel punto non era più appellabile considerato il fatto che era trascorso il tempo massimo consentito per far ricorso. Ma dico io, se tu Comune vuoi informatizzarti, devi far funzionare bene il sistema. E comunque se vedi che nessuno ti risponde devi accertarti che il destinatario abbia ricevuto l’atto».
Adamo sostiene che i vigili per controllarlo sono arrivati perché chiamati da un vicino a cui dà fastidio se c’è un tavolino in più. Lo stesso che aveva chiesto l’intervento della polizia locale, due anni fa, per lo stesso motivo. «Ora io ho 22 dipendenti e questa chiusura mi danneggia parecchio anche perché ho le celle frigo piene di alimenti che dovrò regalare. Mi chiedo: il Comune vuole aiutare le imprese che investono in città oppure le vuole danneggiare e fare in modo che se ne vadano da Venezia? Ma soprattutto perché io non posso sapere chi mi denuncia perché bisogna tutelare la privacy di questa persona? Ho chiesto di avere qualche tavolino in più per i clienti. Mi è stato risposto di no. Vogliamo far vivere Venezia oppure farla morire?».(c.m.)
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia