Venezia, un palcoscenico per i "colpi" più spettacolari
VENEZIA. È la notte tra il 9 e il 10 ottobre del 1991, quando i ladri decidono di entrare a Palazzo Ducale. Tra capolavori del Tintoretto, del Veronese e del Tiziano, i predoni preferiscono una “Madonna con bambino” del Quattrocento, attribuita al Vivarini. Una tavola di notevole valore artistico ma poco commerciale. Il furto avviene quasi contemporaneamente a un altro molto più clamoroso, quello del mento di Sant’Antonio a Padova. Era la prima volta che qualcuno profanava il Ducale, che all’epoca non aveva impianto di sicurezza e aveva, come unica garanzia notturna, una guardia giurata.
I ladri, quel mercoledì del 1991, si fecero chiudere all’interno del Palazzo. Nella notte, poi, entrarono nella sala dei Censori che si affaccia sul canale della Paglia. Sopra un fregio ligneo con lo stemma dei 266 censori in carica tra il 1567 e il 1629, ci sono nove grandi dipinti: quattro sono firmati da Tintoretto, uno da Antonio Palma, due da Freschi, uno della scuola del Malombra e uno eseguito da Tintoretto e Freschi. Il quadro asportato era inserito all’interno del “Ritratto di cinque censori” del Tintoretto. La tavola era fissata ad una piastra in acciaio con quattro viti. Per staccare il dipinto i ladri rovinarono un cornicione realizzato attorno al dipinto e una lampada utilizzata per illuminare il quadro. L’opera fu calata da una finestra in un barchino che aspettava nel canale della Paglia. Per allontanarsi dal palazzo i ladri, secondo gli inquirenti di allora, si calarono in Piazza San Marco dalle colonne che reggono la loggia.
In quel periodo la guardia giurata che controllava internamente Palazzo Ducale passava con periodicità davanti alle porte delle varie sale e timbrava un cartellino elettronico. Davanti alla sala dei Censori il vigilante era transitato alle 2 e alle 3.15, senza sentire rumori strani. La tela fu fatta ritrovare qualche tempo dopo. Felice Maniero, quando si pentì, spiegò ai magistrati che il quadro venne acquistato dalla sua banda e poi fatto ritrovare. L'operazione serviva per dare il merito del recupero ad Antonio Papa, poliziotto dell’allora Squadra Mobile, poi arrestato con l’accusa di essere stato un informatore di “Faccia d’angelo”.
Da ricordare recentemente, nel marzo scorso, il tentativo di rapina fallito alla gioielleria Missiaglia a San Marco, compiuto, con stile militare e lancio di fumogeni, da due banditi dell’Est Europa, riusciti a scappare.
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