Venezia, terzo Natale di crisi per gli alberghi sul litorale. In 30 mila senza cassa integrazione
L’appello di Schiavon (Federalberghi), che chiede altre 13 settimane di ammortizzatori sociali. Gli stipendi sono il fattore che pesa di più nel bilancio delle aziende.
VENEZIA. Allungamento della cassa integrazione per il settore alberghiero, pesano ancora troppe incognite dal Governo. E Federalberghi Veneto lancia l’allarme per un settore che sta soffrendo soprattutto a Venezia dove ci si prepara al terzo Natale di crisi consecutivo se consideriamo l’acqua alta del 2019 e poi la sciagura della pandemia.
Ma se piange Venezia, non ride certo il litorale e il resto della regione dove gli alberghi faticano a riprendere il ritmo di un tempo e il personale non ha garanzie rischiando il licenziamento come extrema ratio per le imprese alberghiere che non riescono più a trattenere e garantirsi il personale necessario.
Gli stipendi sono il fattore che pesa di più nel bilancio delle aziende. «Siamo molto contenti di apprendere che il Governo abbia deciso di estendere il Superbonus 110% anche alle seconde case e alle villette», commenta con sarcasmo il presidente di Federlaberghi Veneto, Massimiliano Schiavon, albergatore di Jesolo, «perché immagino che questo significhi, quindi, che siano stati trovati i fondi anche per l’emergenza cassa integrazione del settore alberghiero».
«Noi siamo preoccupati, molto e con ragione», aggiunge, «perché una buona parte dei nostri colleghi chiuderanno o non riapriranno affatto. Se il Governo non allungherà la cassa integrazione in scadenza al 31 dicembre fino al 31 marzo 2022, inserendo quindi ulteriori 13 settimane di trattamento e tenendo inalterata l’anzianità prevista dal vecchio provvedimento, questa sarà l’ultima goccia che ci metterà in seria difficoltà. Non c’è mercato, in particolare quello estero, registriamo spese troppo alte, i soli costi delle bollette energetiche, per esempio, impegnano una parte importante del fatturato e se, inoltre, non verrà allungata la Cig, nel giro di pochi settimane ci troveremo in seria difficoltà».
«Ci sono oltre 30 mila addetti su un totale di 60 mila», conclude, «che rischiano di non vedere rinnovata la loro cassa integrazione. Ovviamente senza contare che siamo uno dei pochi settori che non ha beneficiato di alcun sostegno legato al fermo delle attività imprenditoriali perché non siamo mai stati oggetto di un provvedimento di chiusura attività obbligatoria, pur in assenza totale di mercato. Oggi non è una buona Vigilia di Natale per chi non ha una seconda casa da sistemare, ma deve capire se continuare o meno la propria attività».
La situazione a Venezia inizia a essere pesante sotto tutti i punti di vista. Al quartiere generale dell’Ava, associazione veneziana albergatori, il vice direttore Daniele Minotto non nasconde la sua preoccupazione.
«Nel settore alberghiero», spiega Minotto, «abbiamo impiegati direttamente 8 mila lavoratori cui se ne aggiungono altri 3 mila che in qualche modo sono collegati. Attualmente, il 50% delle strutture è aperto e siamo arrivati in questo periodo solo a un massimo dell’80% dopo la pandemia. Questo è il terzo Natale di crisi che stiamo vivendo, considerando anche il 2019 e l'acqua alta che sconvolse la città. Stiamo attraversando un momento di grande difficoltà e se non ci sarà un allungamento della cassa integrazione la situazione potrebbe realmente precipitare. Pensavamo al Carnevale come periodo di vera ripresa, ma adesso stanno crollando anche queste nostre previsioni». «Se non ci saranno gli strumenti necessari e gli ammortizzatori sociali», conclude Minotto, «allora l’unica strada percorribile sarà quella dei licenziamenti».
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