Venezia terza città più inquinata. Le navi peggiori delle auto

Grido d’allarme al convegno Eni sui combustibili a basso impatto ambientale. Dal traffico acqueo il 44% di polveri sottili, contro il 15% di quello stradale
VENEZIA. Venezia al terzo posto tra le città più inquinate d’Italia. Città intrappolate sotto la cappa grigia dello smog e rischi per la salute delle persone. Una situazione che con l'arrivo del freddo diventa più accentuata, colpa anche del mix tra traffico e riscaldamento.
 
È infatti dell'anno scorso il Piano del ministero dell'Ambiente per ridurre l'inquinamento atmosferico, soprattutto per l'area della pianura padana dove la situazione diventa a tratti insostenibile. E sono di questi giorni alcuni interventi specifici, presi dalle diverse amministrazioni tra eco-misure e limitazione del traffico, da Torino a Napoli.
 
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Ma sono tante le città in Italia che sono già fuorilegge per la qualità dell'aria, perché oltre la soglia limite per le polveri sottili Pm10 (35 giorni di sforamenti all'anno con una concentrazione superiore ai 50 micorgrammi per metrocubo). Nelle prime cinque, secondo i dati di Legambiente aggiornati al 6 dicembre, ci sono due venete:  Torino con 62 giorni di sforamenti, Frosinone con 59 giorni, Venezia con 53, Milano con 52 e Padova con 50.
 
«Le cause dello smog sono note e le soluzioni ci sono - osserva la presidente di Legambiente Rossella Muroni - occorre una volontà politica forte per metterle in campo. Tra l'altro i numeri sull'emergenza rischiano di aumentare nei mesi invernali. Uno dei nodi principali da affrontare è il trasporto a livello urbano ed extra urbano. Bisogna poi uscire dalla dipendenza dei combustibili fossili, puntando su fonti rinnovabili; e investire nella riqualificazione energetica degli edifici, garantendo così una riduzione nelle emissioni dagli impianti di riscaldamento domestici».
 
Ma se non ci fosse il traffico acqueo, Venezia avrebbe il primato di città meno inquinata della Pianura Padana. Invece, il traffico acqueo c’è ed è in continua crescita – dalle piccole imbarcazioni fino alle navi mercantili e quelle da crociera – e scarica nell’aria quasi metà dello smog totale con il risultato che Venezia ha una qualità dell’aria tra le peggiori d’Italia.
 
Un dato drammatico e allo stesso tempo inquietante, se si considera che a livello locale, nazionale ed europeo, non esiste nessun divieto o limitazione alle emissioni nocive, tanto per le piccole imbarcazioni locali, quando le navi porta container o i colossi delle compagnie di crociera.
 
Il problema è più che mai d’attualità visto che i vaporetti per il trasporto pubblico a Venezia seguono la stessa normativa ambientale prevista in Europa per la navigazione sul Reno, la quale non prevede sistemi di abbattimento delle emissioni post combustione (sistemi catalitici per riduzione incombusti) nè sistemi catalitici per abbattimento ossidi d’azoto tipo Euro 6 per autovetture.
 
Le uniche limitazioni esistenti sono quelle che riguardano lo stazionamento e la movimentazione in banchina delle navi militari e ben per questo la Marina italiana sta sperimentando il biodiesel.
 
Dell’inquinamento atmosferico prodotto dal traffico acqueo a Venezia ha parlato ieri al convegno di presentazione della bioraffineria Eni il ricercatore dell’Istituto Motori del Cnr, Carlo Beatrice.
 
«Nelle città portuali italiane ed europee le emissioni inquinanti gassose e il particolato emesso dal trasporto navale sono dello stesso ordine di grandezza di quelle del traffico stradale urbano», ha riferito Carlo Beatrice, mostrando i dati più recenti esistenti – e purtroppo ancora attuali –, elaborati dall’Arpav con una serie di rilevamenti in laguna georeferenziati, realizzati nel 2011 e presentati nel 2013. In base a questo studio il traffico portuale commerciale (navi mercantili) emette il 18% di polveri ultrasottili (Pm2,5); il traffico acqueo passeggeri (traghetti e navi da crociera) il 12% e il traffico acqueo locale (vaporetti e imbarcazioni di vario genere) il 14%, per un totale del 44% a fronte del 15% delle emissioni del traffico stradale.
 
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«Il diesel», ha spiegato il ricercatore del Cnr, «sarà ancora la tipologia di propulsione più diffusa nel lungo termine, fino al 2050, per navi di potenza elevata come porta container o rinfuse e grandi navi da crociera. Per questo i combustibili rinnovabili a bassa emissione di anidride carbonica, come il biodiesel, rappresenteranno un elemento chiave nelle strategie di politica energetica per i trasporti. Soprattutto per quello navale che a tutt’oggi non ha nessuna limitazione alle emissioni.
 
In ogni caso, l’Unione Europea ci sta pensando e prima o poi provvederà a porre limitazioni anche in questo settore, come ha già fatta per i motori degli autoveicoli. Il biocarburante ad alta percenutale di olio vegetali (15%) prodotto da Eni può fornire ottime prestazioni anche su motori navali di grande potenza, incluse le turbine».
 
Tant’è che è in corso una sperimentazione sulle unità navali della Militare Italiana di biodiesl, che – come è stato detto al convegno dal comandante Antonio Bignone – sta «dando ottimi risultati a livello di emissioni e di efficienza motoristica».
 
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