Venezia, sì al velo islamico in consiglio comunale

Venezia. Passa la proposta del Pd di cambiare il regolamento. Sambo: «Battaglia di civiltà». Tosi (Lega): «Basta che si veda il volto»

VENEZIA. Un atto di civiltà e di rispetto passa anche per un gesto semplicissimo: cancellare una sola parola. Nelle sedi di Venezia e Mestre del Comune, per seguire i lavori del consiglio comunale, in futuro si potrà entrare rispettando il divieto di avere il volto coperto ma dal regolamento del consiglio comunale sparirà il riferimento, come divieto, all’avere il capo coperto. Via una parola, per l’appunto “capo”, che era presente nel vecchio regolamento applicato finora dalle giunte di centrosinistra e modificato, solo in parte nella proposta, dell’attuale maggioranza.

Il regolamento, tutt’ora in vigore, riporta questa frase: “Le persone che sono nella sala devono rimanere a capo scoperto e in silenzio». La proposta di modifica del centrodestra era questa: «Durante la seduta le persone nella sala devono rimanere a capo e a volto scoperto e in silenzio». Ieri la discussione sulle modifiche al regolamento del consiglio comunale, che andrà avanti ancora per un paio di mesi, ha portato la prima commissione a fare un passo avanti di civiltà che ha messo d’accordo tutti.

Via il termine “capo coperto”, resta il divieto di avere il “volto coperto” quando si va ad assistere alle sedute. Una parola cancellata e si sgombra il campo da incomprensioni e nella pratica in consiglio comunale, nella gestione del pubblico, non farà differenza se entra una suora con il velo o una signora islamica che indossa il hijab, il foulard che copre i capelli e il collo della donna, lasciando scoperto il viso (citazione da wikipedia, ndr).

Nessun esplicito riferimento al velo islamico, ma la pratica diventa sostanza attraverso l’uso della lingua italiana: e così chi entrerà in Consiglio con passamontagna, caschi o burqa verrà invitato a togliere tutto e mostrare la faccia. Regole semplici che valgono per tutti.

La proposta di togliere il riferimento al “capo coperto” è della presidente della prima commissione, la consigliera Pd Monica Sambo. «Per pura coincidenza, ad un solo giorno di distanza dalla notizia della praticante avvocata col velo costretta a lasciare l'aula di Tribunale a Bologna (decisione su cui, fortunatamente, il Presidente del Tar si è poi espresso diversamente), a Venezia ci siamo trovati a discutere del nuovo regolamento del consiglio comunale e di come comportarsi in casi analoghi. E sono veramente molto soddisfatta che la mia proposta di eliminare l'obbligo di restare a capo scoperto sia stata accolta favorevolmente da tutti i consiglieri e dalla presidente del consiglio comunale. Un importante segnale di rispetto e sensibilità nei confronti di chi ha culture, tradizioni e valori che raccomandano comportamenti quali la copertura del capo (non solo la religione islamica ma anche quella cattolica, pensiamo al velo delle suore, o quella ebraica, con la kippah)». Per la Sambo il punto fermo messo a Venezia dai consiglieri è «la massima laicità nelle istituzioni nel rispetto di tutti», chiarisce la giovane avvocata.

È soddisfatta anche la presidente del consiglio comunale, Linda Damiano (lista Brugnaro): «Nella nostra proposta di revisione avevamo lasciato la parola “capo” aggiungendo la parola “volto”. Ma visto che è il volto che deve essere scoperto per motivi di riconoscimento delle persone io mi sono trovata d’accordissimo nell’eliminare il riferimento al capo. Scelta positiva, di rispetto verso tutti. Il riferimento al “capo” era stato introdotto da altri, non da noi, sia chiaro». E la leghista Silvana Tosi concorda: «Un consigliere voleva che si motivasse la scelta con il rispetto delle diverse religioni mentre io mi sono fermamente opposta. Non servono motivazioni: la questione è legata a motivi di sicurezza, non certo a motivi religiosi. È il volto che quando si entra negli uffici pubblici deve essere scoperto, per motivi di sicurezza», spiega. Deborah Onisto, capogruppo di Forza Italia, chiarisce: «La Sambo non si prenda tutti i meriti. Ci siamo trovati tutti d’accordo».

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