«Venezia sede dell’agenzia che tutela il made in Italy»

L’avvocato Brusa: è la città Porta d’Oriente e punto d’arrivo della Via della Seta Applichiamo le norme dell’Ue e difendiamo i punti di forza delle nostre imprese 
«L’Agenzia per la tutela del made in Italy deve nascere a Venezia». L’idea è dell’avvocato Fabio Brusa che l’ha presentata anche al sottosegretario Pierpaolo Baretta. L’idea arriva in un momento in cui la globalizzazione, ogni giorno, rischia di scardinare quello che da sempre rappresenta un punto di forza e un aspetto trainante, il principale, dell’economia del Belpaese: il Made in Italy appunto. «A Venezia, perchè qui arrivava la Via della Seta, perché è da sempre la porta d’Oriente ed è forte la tradizione del fare, del creare e dell’ingegno italico».


Spiega l’avvocato Brusa: «Il legislatore ha inteso disciplinare la tutela del Made in Italy con la legge 305/2003 (finanziaria 2004) cui ha fatto seguito un disarticolato e contraddittorio sovrapporsi di integrazioni, modifiche e nuove iniziative bloccate da problemi di conformità con l’ordinamento comunitario, come ad esempio la legge Reguzzoni e la legge Galan: si tratta spesso di norme che appaiono dettate più che altro dalla esigenza di incassare cambiali elettorali».


Ma non c’è il rischio di cadere in forme di protezionismo e di tutela delle microimprese?


«Bisogna dar atto della difficoltà di elaborare norme a tutela del made in Italy. Inevitabilmente, infatti, indiziate di neoprotezionismo siccome fondate su una presunzione di superiorità indifferenziata, a fronte del principio di libera circolazione delle merci e dei servizi nella Ue. A ciò si aggiunga che le norme sembrano via via più indirizzate alla tutela della microimpresa, piuttosto che della piccola e media impresa fermo però sempre restando il formale richiamo alla tutela del consumatore».


Ma il Made in Italy è tutto: dal cibo all’abbigliamento, dalle auto di prestigio ai mobili, alle lavorazioni artigianali dei tessuti. Non manca una definizione chiara?


«Il primo non superato ostacolo ad una disciplina seria ed efficace è la mancanza di una premessa definitoria. In senso proprio infatti ad oggi made in Italy è una indicazione geografica semplice priva di per sé di una valenza qualitativa trasversale ai diversi settori, tranne che per quello che potremmo definire la aspettativa ovvero la fama di cui godono i prodotti recanti questa indicazione nel mercato globale. Qualsiasi sia il settore si tratterà sempre del frutto della fantasia, del saper fare e della creatività italica. Ne consegue che non esiste un unico made in Italy ma esistono diversi made in Italy a seconda del prevalere dei diversi fattori come creatività, design, fattore umano e fattore territoriale, brevetti tecnologia e know how. In definitiva la istituzione di una Agenzia per la tutela del made in Italy sembra raccomandarsi anzitutto per dare un quadro unitario, sistematico e di conformità all’ordinamento Ue alla normativa.


In questo contesto la Agenzia potrebbe tra l’altro promuovere sull’argomento Codici di autocondotta per gli operatori professionali dei diversi settori (previsti dall’articolo 27 bis del Codice del consumo) i quali si vincolino al loro rispetto identificando tale appartenenza con un marchio collettivo. Ovviamente l’Agenzia avrebbe anche il compito di promuovere le più opportune iniziative di sviluppo nonché di coordinare le attività di controllo. A oggi i controlli sono affidati a diversi enti: Cnac–Ice, Guardia di finanza, Nas, Ispettorato frodi, Agenzia delle Dogane e Camere di commercio».


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